6.5
- Band: VENOM
- Durata: 00:53:10
- Disponibile dal: 14/12/2018
- Etichetta:
- Spinefarm
- Distributore: Universal
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Non sono poi molte le realtà che sono riuscite, durante l’intero corso della propria carriera, a ritrovarsi al centro di un numero tanto corposo di critiche e controversie, dovute proprio ai diversi passi compiuti dalla band stessa col passare degli anni. I primi tre lavori dei britannici Venom, siamo tutti d’accordo, rappresentano delle vere e proprie pietre miliari per qualunque metallaro che si rispetti, soprattutto per chi tende a bazzicare spesso le sonorità più grezze, violente e blasfeme: tre veri e propri capolavori di una prima incarnazione di quello che sarebbe divenuto pochi anni dopo il metal estremo; a prescindere che si tratti di thrash, black e quant’altro, Cronos e compagni hanno svolto un ruolo semplicemente fondamentale! Tuttavia, complici i molteplici cambi di formazione e le continue uscite sul mercato di album di una qualità che definire altalenante sarebbe un eufemismo, è innegabile che, col trascorrere dei decenni, di quella stessa band così iconica si sia un po’ persa l’effettiva essenza; tant’è che oggi ci ritroviamo con ben due assemblamenti contenenti i membri storici della formazione più amata, e oggi vogliamo parlarvi proprio del nuovo lavoro in studio dello schieramento dal nome più canonico, capitanato come di consueto dal nerboruto frontman sopracitato.
Il buon Mantas, con l’album “Avè” dei suoi Venom Inc., lo scorso anno se l’è cavata tutto sommato bene, riuscendo quasi a convincere molti estimatori di una sorta di superiorità rispetto alla controparte guidata dal suo storico ex-socio dalla fronte alta, i cui ultimi prodotti riescono appena discretamente a difendersi; anche se si tratta certamente di un discorso molto soggettivo, tenendo conto dei feedback contrastanti che è possibile trovare in giro. Siamo certi che per questo nuovo “Storm The Gates” il discorso sarà molto simile, trattandosi di un lavoro che non parte certo male, grazie a una opener rocciosa come “Bring Out Your Dead”, la quale, pur stimolando adeguatamente un po’ di sano headbanging, lascia tuttavia anche spazio a parecchio amaro in bocca per via di un songwriting anche troppo prevedibile e scontato, oltre a un Cronos che appare sin da subito piuttosto stanco nella sua interpretazione e nella gestione del timbro. Con le successive “Notorious”, “I Dark Lord” e “100 Miles To Hell” si avverte forse un leggerissimo miglioramento generale, soprattutto per quanto riguarda il guitar work ad opera di John Stuart Dixon, che in svariati passaggi sembra quasi sovrastare il suo stesso vocalist. Da qui in avanti, l’album prosegue seguendo una linea che sembra avere come unico obbiettivo quello di avvicinarsi il più possibile allo stile che ha fatto la fortuna dei Venom nei primissimi lavori, riuscendone però a scalfirne solo in parte la potenza per via di un senso di piattezza generale che sopraggiunge piuttosto in fretta; ciò anche a causa di una ripetitività di fondo non solo per quanto riguarda la struttura dei brani, ma anche per la qualità stessa di questi ultimi, che tra alti e bassi si mantengono sempre su livelli più o meno discreti, ma senza mai riuscire ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore oltre un certo limite, col conseguente risultato di stimolare più di uno sbadiglio. Inoltre, la durata al limite dell’eccessivo per un lavoro di questo tipo non aiuta in alcun modo, anche se dobbiamo ammettere che nelle fasi avanzate sono stati inseriti brani tra i più degni di nota del pacchetto, come ad esempio il trittico “Over My Dead Body”/”Suffering Dictates”/We The Loud”, che precede un finale composto dall’anonima “Immortal” e dalla tutto sommato apprezzabile titletrack.
Chiariamo che non si tratta assolutamente di un album sgradevole, anche per via di un tiro generale abbastanza adrenalinico e potenzialmente fomentante per alcuni, ma si percepisce comunque una sorta di stanchezza e carenza di grinta, che ci auguriamo di non ritrovare anche in una ipotetica occasione in sede live.
Ormai è evidente che i Venom siano una realtà che tende a vivere di rendita, senza fare assolutamente niente per nasconderlo: basti notare, come già detto in precedenza, che ogni album col loro nome scritto in copertina gioca sempre bene o male le stesse carte; il che potrà forse fare la gioia di alcuni, ma anche far provare il solito senso di rassegnazione a chi non può proprio fare a meno di accorgersi che, nel momento in cui si inserisce uno a caso tra i primissimi dischi ad opera del malvagio terzetto originale, tutto ciò che è venuto dopo sembra perdere improvvisamente di utilità. Per quanto ci riguarda, Venom e Venom Inc. sono due entità che galleggiano in acque piuttosto simili, anche se forse, ovviamente a parere di chi scrive, i secondi hanno ancora qualche asso in più nella manica. A ognuno la propria opinione, come si suol dire.