8.0
- Band: VERBERIS
- Durata: 00:57:54
- Disponibile dal: 17/06/2022
- Etichetta:
- Norma Evangelium Diaboli
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Quando la Norma Evangelium Diaboli imprime il proprio sigillo sul testamento sonoro di una band significa che il valore dello stesso è decisamente importante. Il secondo album dei Verberis è stato marchiato dalla fiamma nera dell’etichetta francese che fa da garante alla misteriosa band neozelandese attiva dal 2014. “Adumbration of the Veiled Logos” racchiude quasi un’ora di black metal moderno, dal suono ammaliante ed ipnotico che ricorda quello dei Deathspell Omega. Le atmosfere del nuovo full-length sono spesso claustrofobiche e sinistre: sull’orlo di un precipizio non si è mai certi di essere al sicuro, una spinta ritmica improvvisa potrebbe farvi precipitare nell’inferno distopico dei Verberis. Gli arpeggi malefici delle chitarre sbocciano come fiori sul fertile terreno della morte, arato da cadenzate lame taglienti che lasciano solchi profondi brulicanti di sofferenza.
Articolato su cinque brani, “Adumbration of the Veiled Logos” cala il proprio cappio logoro nel cuore di una nebbia densa, fatta di anime irrequiete che presto saranno prede di questa trappola. Una trappola semplice ma raffinata, quella dei Nostri, architettata su sonorità già sentite ma indubbiamente ben calibrate. La violenza emanata dai primi minuti di “Sepulchre of Shattered Saints” è in grado di mutare, di evolversi e stravolgersi come una goccia di sangue che cade in un bicchier d’acqua. Le alterazioni ritmiche sono infatti una peculiarità di questo platter che muta forma mantenendo il volto malefico che il black metal possiede. Diversi vortici melodici germogliano nel caos gelido di una tempesta narrata da una voce aggressiva che, come una fiamma, aumenta o diminuisce la propria intensità. Le pompose trame sonore di “Adamantine Amidst Transience” emettono una luce paralizzante che mostra l’orrida desolazione scolpita magnificamente dai Verberis attraverso la manipolazione del buio più profondo. Il disco offre un ascolto piacevole che cresce col tempo, una crescita dovuta alle tante stratificazioni sonore che vengono dissotterrate lentamente come fossero preziosi reperti primitivi. I passi pachidermici di “Severed Paragon” si sviluppano in una dissennata corsa alienante nella quale pullulano blast-beat incandescenti, raffreddati dalle sezioni dissonanti delle chitarre che rendono l’ascolto gratificante. “Ennoia” è il brano introspettivo che sembra allontanarsi dalla galassia infernale dei Verberis mantenendo, però, il legame con essa: uno sguardo malinconico e sconfortante verso un luogo inospitale che ritrova la sua essenza in note melodiche ma, nello stesso tempo, inquietanti. I venti minuti finali di “I am the Father and the Tomb of the Heavens” racchiudono tutti i pregi compositivi del quartetto, un riassunto dilatato nel tempo, capace di oscurare e schiarire il cielo, tanto cupo quanto affascinante, che sovrasta l’abisso infinito creato dai Verberis.
“Adumbration of the Veiled Logos” è il rumore di un cuore che impallidisce, è il riflesso del tormento, un labirinto magnetico alterato dal suono ossessivo della follia.