6.5
- Band: VERDENA
- Durata: 01:02:28
- Disponibile dal: 16/03/2007
- Distributore: Universal
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La cosa più difficile da comprendere dopo l’ascolto di “Requiem” è se i Verdena abbiano subito veramente un’evoluzione o piuttosto un’involuzione. La cosa bella di tutto ciò è che, comunque sia, Alberto e soci non si sono mai posti il problema, scrivendo di getto, mese dopo mese, i brani di questo quarto lavoro. Senza dover progettare nulla a tavolino, senza seguire un filo logico e senza seguire una precisa nuova via sonora. “Requiem” infatti è questo, una matassa di brani istintivi che non segnano un punto fermo o un nuovo inizio. Si trova di tutto, dalle loro vecchie reminiscenze (“Il Gulliver”) ad una nuova (almeno per loro) concezione sonora, più stoner e di certo meno sognante. E’ proprio questo il punto: in certi brani sembra quasi di ascoltare i Queens Of The Stone Age con la voce di Bugo (“Don Callisto”, il singolo “Muori Delay”, “Isacco Nucleare”, “Canos”). Cosa che può dimostrarsi di certo un cambio di rotta per loro, ma che purtroppo nel mondo della musica risulta comunque una strada già fin troppo esplorata dai loro predecessori, nonchè da una moltitudine di band emergenti bergamasche che mettono le sonorità ‘fuzz’ in cima alle loro preferenze. Quello che purtroppo rimane dei vecchi Verdena sono i testi senza logica, pieni di ‘catchphrase’ scioccanti e di facile presa sui giovani alternativi, giovani che passano ore a decifrare i loro versi credendo di trovarci dentro un significato. Non è comunque tutto da buttare questo lavoro, ci sono molti momenti lisergici e trasportati: la stessa “Il Gulliver”, con l’ipnotico motivetto ‘tuttuduttù’ che aleggia imperterrito per i suoi quasi dodici minuti di evoluzioni prog; la cantautoriale “Angie”, che segna nei Verdena una nuova rotta compositiva, meno psichedelica e più folk; “Non Prendere L’Acme, Eugenio”, di certo poco originale ma dotata di evoluzioni Nirvaniane; la potentissima “Isacco Nucleare”. Rimangono comunque troppi i capitoli insipidi, questo lavoro sembra decisamente meno ispirato e compatto del precedente “Il Suicidio Del Samurai”. Anche se ormai c’è da dire che i Verdena, nel bene o nel male, ora come ora sono l’unica realtà italiana ad avere visibilità nonostante la ricetta tutt’altro che commerciale.