7.0
- Band: VERMIN WOMB
- Durata: 00:18:45
- Disponibile dal: 02/09/2022
- Etichetta:
- Closed Casket Activities
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Qualcosa, nella vita di Ethan Lee McCarthy, dev’essere andato molto storto. Non si spiegano altrimenti la rabbia, l’odio e il nichilismo che puntualmente traspaiono dai progetti che lo vedono coinvolto nella scena underground americana da un decennio abbondante a questa parte, nel segno di una musicalità disturbante, inquieta e refrattaria a tutto ciò che è armonia e ordine. Quello degli sludge metaller Primitive Man è certamente il primo nome a venire in mente, complice una carriera ormai importante e che da tempo gode del patrocinio della storica Relapse, ma che dire di quei terroristi sonori che rispondono al nome di Vermin Womb? Se con gli autori di “Immersion” e “Caustic” il gigantesco cantante/chitarrista ama mettersi alla prova con le sonorità più pesanti e marce dello spettro metal, estremizzandole a suon di rumorismo noise e cadenze drone, qui il Nostro si muove (almeno ritmicamente) nella direzione opposta, prendendo la scuola grind dei Rotten Sound e usandola come base per una ricetta a dir poco mefitica e poco digeribile.
Da un punto di vista stilistico, nei sei anni trascorsi dall’esordio sulla ‘lunga’ distanza “Decline”, poco o nulla è cambiato in casa del terzetto di Denver, se non la voglia di estremizzare tutto l’estremizzabile, di bussare alle porte dell’autodistruzione per poi sfondarle a craniate, e questo si riflette in una tracklist ancora più caustica e a rischio emicrania del solito, oltre che sbrigativa. Dall’iniziale “Crumbling World Without Joy” alla conclusiva “Sad Clown (My Spiritually Rotten Second Reply)” ci passano appena diciotto minuti, ma dubitiamo che qualcuno avrà mai da recriminare sulla suddetta durata, risultando pressoché perfetta per una proposta tanto ostica e incurante del benessere dell’ascoltatore. Come detto, si parte dalle trame death-grind di Keijo Niinimaa e compagni per poi ricamarci sopra un vero e proprio Armageddon di blast-beat dissennati, chitarre come tornado e urla dall’Abisso, gettando nel tritacarne – praticamente alla rinfusa – Revenge, Portal, Dragged into Sunlight e svariate altre aberrazioni musicali, in un flusso che rende pleonastico citare un brano piuttosto che un altro, o ricercare un qualche riff o passaggio ritmico caratteristico.
Complice una produzione assordante e crudissima, la tracklist finisce insomma per diventare un blocco unico di ferocia e malessere, affermando un’estetica che, se da un punto di vista espressivo e dinamico non può certo dirsi fenomenale, dall’altro siamo certi saprà appagare le frange più estreme dell’underground contemporaneo, le stesse che negli ultimi anni non si sono perse un’uscita targata Pissgrave, Infernal Coil o Gravesend. “Retaliation” sarà sicuramente un disco per pochi, ma il suo dimostra di saperlo fare piuttosto bene.