7.0
- Band: VERNI
- Durata: 00:47:48
- Disponibile dal: 12/10/2018
- Etichetta:
- Mighty Music
- Distributore: Audioglobe
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“Fire Up, Fire Up, Fire Up, Fire Up, Motherfucker“. Con questo semplice, quanto efficace monito, fa il suo esordio ufficiale sulla lunga distanza, nelle vesti di assoluto protagonista, uno dei bassisti più amati e terremotanti dell’heavy metal, soprattutto in ambito thrash. Stiamo ovviamente parlando di D.D.Verni (scusate l’esubero delle ‘d’), fondatore e leader indiscusso, insieme a ‘sua elettricità’ Bobby Blitz, degli Overkill. Ed è lo stesso D.D. (all’anagrafe Carlo Verni) che, tra una scossa e l’altra, ha voluto abbassare i volt del suo basso, concedendosi una vacanza stilistica e compositiva, regalandosi (e regalandoci), una sorta di greatest hits delle sue influenze musicali: dal rock, al punk, al metal. Distante dagli Overkill, lontano dai The Bronx Casket (l’altro progetto, dalla tinte più ghotic, portato avanti da Didì), il bassista americano si è dilettato in un’autentica divagazione di genere per la quale ha chiesto la collaborazione di alcuni amici del settore. E se alla batteria si è seduto l’ex Overkill Ron Lipnicki, alla sei corde si sono avvicendati di volta in volta personaggi del calibro di Mike Orlando degli Adrenaline Mob, Jeff Loomis degli Arch Enemy, Mike Romeo dei Symphony X sino Mr. Annihilator Jeff Waters. Ospiti importanti, per un album che non entrerà sicuramente ai primi posti delle classifiche mondiali ma che testimonia l’eclettica versatilità di un musicista mai sufficientemente premiato dalla critica.
Ma veniamo a noi e saltiamo con curioso entusiasmo aldilà della “Barricade”. E’ il singolo “Fire Up” (rilasciato poco meno di un anno fa) ad aprire le danze: diretto, coinvolgente, ruffiano, quasi radiofonico, che fila dritto come un treno mentre la voce (discreta) di Verni aizza l’ascoltatore. “Per tutti i fan degli Overkill, Metallica e… Green Day” si leggeva in sede di annuncio del disco e la successiva “Miracle Drug” fa proprio al caso nostro: un punk orecchiabilissimo, per nulla grezzo, da canticchiare allegramente lasciando quindi che il basso di D.D. torni a martellare come di consueto in “Off My Leash”, dal suono più roccioso, moderno e, appunto, ‘metallicoso’. Ritmi che accelerano con “(We Are) The Broken One”: un brano che in realtà si spezza in due sezioni; se da una parte le strofe marciano telluriche sul trademark tipico della band made in New Jersey, in sede di ritornello il tutto si ammorbidisce grazie ad un refrain a dir poco corale. E’ una sorta di jukebox quello messo in moto dal bassista di origini italiane che con “Lost In The Underground”, “The Party Of No” e soprattutto “Night Of The Swamp King” si sposta su lidi più catchy, quasi commerciali, stazionando su up/midtempo che, pur non alzando la qualità del lotto, sostengono gradevolmente questa vena spensierata e, se vogliamo, sperimentale che contraddistingue l’intero “Barricade”. A testimonianza di quanto appena scritto, ecco piovere dall’alto una ballad strappalacrime, degna del mitico “Hear’n’Aid” del 1985: “We Were Young” è la classica song da stadio, forse un po’ sempliciotta, ma di sicuro impatto emotivo. Ed è sempre su toni di un heavy più classico e roccheggiante che si chiude definitivamente il full-length: “Slow My Ride” e “Heaven Calling” portano a termine questa digressione di stile ad opera di Mr. D.D.. Il tutto, prima di rifornirsi nuovamente della giusta cattiveria ed essere carico a puntino per generare una nuova scossa insieme ai suoi Overkill.