7.5
- Band: VESSEL OF INIQUITY
- Durata: 25/01/2019
- Disponibile dal: 00:24:17
- Etichetta:
- Sentient Ruin
- Xenoglossy Productions
Turbe psichiche, bisogno di sfogare un malessere che, se veicolato tramite altri canali, porterebbe a conseguenze irreparabili sul piano personale, desiderio di inoltrarsi nella melma e nel ribrezzo, puro e semplice sadismo; possono essere molteplici le cause che portano a produrre un disco come “Void Of Infinite Horror”. Parlare di ‘terrorismo sonoro’, termine ormai assai abusato e utilizzato non sempre con valide ragioni, ha in questo caso un senso, perché il disturbo, il disagio, l’inquietudine trasmesse dalle cinque tracce del breve full-length si accostano platealmente alle emozioni negative date dal peggior degrado sonico oggi in circolazione. Un concentrato di industrial, death, black, noise, ambient che non lascia scampo, si erge ostile e invincibile e diffonde malattia e sgomento nelle nostre orecchie, che per quanto allenate e abituate a ‘subire’ certi trattamenti, non sono per forza preparate a cotanta macelleria digitale. Siamo in zona Gnaw Their Tongues, un metal estremo che per produrre raccapriccio prende schemi metal vagamente ‘tradizionali’ e li sfigura di rumore, utilizzando l’effettistica in maniera sfacciata, distruttiva, riempiendo ogni spazio per creare una sensazione di completo sfacelo.
“Invocation Of The Heart Girt With A Serpent” si avvale allora di una drum-machine insistente su ritmi grindcore, base fondamentale per l’avvicendarsi di urla e chitarre sgranate, buie, in torsione verso l’abisso più nero. Spogliato della componente ‘deumanizzante’, il suono di Vessel Of Iniquity potrebbe rientrare nella vasta galassia del death-black infernale che domina i palinsesti di gran parte delle etichette extreme metal underground: così invece si trasfigura in un vortice di atrocità che ricorre a velocità altissime e vocalizzi lancinanti, salvo sprofondare quando i tempi rallentano in un ansiogeno rintoccare industrial, disseminato di armonie algide e terrificanti. Il lato doom della one-man band inglese lascia ancora più sgomenti e una traccia come la titletrack mette addosso una negatività difficile da scrollarsi di dosso. L’ossessività percussiva, contornata da chitarre enormi e trituranti qualsiasi cosa osi porsi a intralcio del loro operato, toglie il fiato; la voce agisce da infestante, tortura ancestrale che mira solo ad aumentare una sofferenza già insopportabile con i soli altri strumenti.
Una galleria di tormenti, quella allestita in “Void Of Infinite Horror”, non nuova in molte metodiche, ma che sfugge abilmente ad accuse di manierismo e pigra adesione all’operato altrui. Che si tratti degli spregiudicati assalti industrial-grind, delle tremebonde sabbie mobili ambient-doom, delle incursioni nel Portal-sound della scorticante “Mother Of Abomination”, è palese la verace devianza dell’autore di cotante mostruosità. La durata stringata – meno di venticinque minuti – aiuta a non far deperire il disco in un tedioso rumorismo e a dargli quella costante energia malefica che non lascia indifferente neanche gli ascoltatori più scafati. Tremendo.