7.5
- Band: VICTORY
- Durata: 00:45:12
- Disponibile dal: 13/09/2024
- Etichetta:
- AFM Records
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Herman Frank, dopo aver militato negli Accept, ha saputo costruirsi una carriera molto solida, sia con il suo progetto solista che con i Victory. Questi ultimi, dopo una pausa durata un decennio, sono tornati in attività nel 2021 con un album di buon livello, intitolato “Gods Of Tomorrow”; a tre anni di distanza li ritroviamo oggi con “Circle Of Life”, un disco che non solo conferma il buono stato di salute che avevamo constatato con il suo predecessore, ma che alza ulteriormente l’asticella con quello che, forse, è il miglior lavoro di Herman Frank da una decina d’anni a questa parte.
Il chitarrista conferma l’intera line-up del 2021 e questi tre anni passati assieme devono aver affinato l’intesa tra i musicisti, che ci sembrano molto più coesi e solidi nella loro performance. In particolare, abbiamo apprezzato molto il lavoro delle chitarre di Frank e Mike Pesin, che hanno trovato il perfetto punto di incontro tra l’impatto tipicamente germanico del metallo tradizione e la melodia dell’hard rock con grandi ritornelli. La terza punta del tridente, invece, è costituita da Gianni Pontillo, cantante di origine svizzera che già ci aveva convinto nei Pure Inc. e che si conferma uno dei punti di forza dei nuovi Victory.
La band non si perde in chiacchiere, la loro è musica diretta, viscerale, capace di coinvolgere al primo ascolto, ma quello che divide i semplici mestieranti dai maestri è la tenuta nel tempo. “Circle Of Life” non si esaurisce dopo un paio di ascolti, ma al contrario riesce a tenere alta l’attenzione con una manciata di canzoni davvero ben fatte.
I Victory navigano con abilità tra le loro due anime, all’iniziale “Tonight We Rock”, veloce e graffiante, fa da contraltare la patinata ruffianeria di “American Girl”; a volte, invece, l’ago della bilancia non pende nettamente da una parte o dall’altra, ma preferisce piuttosto il giusto equilibrio delle parti, come nel caso dell’ottima “Surrender My Heart”. Non ci sono particolari cali di tensione e anche la durata dell’album è perfettamente dosata sui ‘sani’ quarantacinque minuti, abbastanza per soddisfare il nostro appetito senza indugiare in riempitivi.
Herman Frank, insomma, non solo non sembra intenzionato a dedicarsi alla pensione, ma ci ha dimostrato di avere ancora delle buone frecce nel proprio arco. Bentornato!