8.0
- Band: VIOLENT LIFE VIOLENT DEATH
- Durata: 00:24:00
- Disponibile dal: 15/09/2023
- Etichetta:
- Innerstrength Records
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Quello dei Violent Life Violent Death è un percorso artistico compiuto a piccoli passi e senza la smania di bruciare frettolosamente le tappe, per anni legato al formato EP e che solo oggi conduce la band di Charlotte, North Carolina, al traguardo del primo full-length (la durata, comunque, resta di poco superiore a quella dei mini precedenti).
Una simile politica, fatta di mosse ponderate e gesti attenti, ma anche di una profonda conoscenza della materia hardcore/metal di qualche decennio fa, lascerebbe presagire il conseguimento di un risultato importante, un salto in avanti nella graduatoria del vasto e caotico circuito underground dedito a questo tipo di suoni… e così è, infatti, tanto che non esitiamo a definire “Break.Burn.End” uno dei ‘botti’ metalcore dell’ultimo periodo, in compagnia di quelli registrati da Jesus Piece, Vamachara e Incendiary.
Un’opera che, fin dalla copertina, evoca arie apocalittiche e immagini escatologiche, scavando ulteriormente nel solco tracciato dall’ultimo “The Color of Bone” (2020) in cerca di risposte alle proprie nevrosi, fra andamenti ritmici quadrati e digressioni sostenute da una spiritualità decadente, la quale funge da mastice per i vari elementi della narrazione. Impossibile – anche a fronte della prova al microfono di Scott Cowan, modellata senza remore su quella di Dan Weyandt – non volare con la mente agli Zao e ai loro cantici di vita e morte, ma va riconosciuta al progetto la capacità di attingere dallo stile dei maestri scongiurando in ogni caso l’effetto rip-off, come se l’intento di base fosse quello di prendere il contenuto di un “A Parade of Chaos” e di declinarlo in maniera più asciutta, brutale e diretta, richiamando la ricerca dell’essenziale di gente come Hatebreed e Ringworm.
Un ibrido curioso e (va detto) non proprio inflazionato, la cui messa a terra, complice una scrittura efficace e rifinita, porta puntualmente a esiti appaganti per la sua capacità di fondere il registro ‘ignorante’ con quello catartico, il sacro con il profano. Ci si sente scuotere le viscere dal groove e dallo screaming e un attimo dopo, all’altezza di un arpeggio di chitarra o di un intervento di spoken word, si sprofonda nel baratro, respirando a pieni polmoni un’atmosfera negativa in grado davvero di mettere i brividi, e che in ultimo ribadisce quanto di trendy e conciliante, un certo tipo di metalcore, non abbia davvero nulla.
Episodi come “Weapons of Pain”, “Heaven so Far Away” e “Come Armageddon” tengono molto più che fede al moniker scelto dal quintetto, e tra le soglie di un minutaggio contenuto esplorano un mondo nel quale la redenzione non viene minimamente contemplata, sostituita da un giudizio finale incombente. Un ascolto – quello di “Break.Burn.End” – doloroso, lisergico e trascinante, rivolto a tutti i cuori di tenebra della sfera hardcore e metal e testimonianza della raggiunta maturità dei suoi autori, annoverabili tra i più interessanti e schivi virgulti del panorama americano. Se apprezzate i nomi elencati poco sopra, non esitate a metterne alla prova il talento.