7.0
- Band: VIOLENTOR
- Durata: 00:40:06
- Disponibile dal: 13/12/2024
- Etichetta:
- Folter Records
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Benpensanti, cultori del politically correct (siamo ovviamente ironici), in concomitanza con le imminenti festività natalizie, i Violentor ci portano in dono un delicatissimo pacchetto regalo dove la rigidità morale viene letteralmente fatta a pezzi, seguendo di fatto i binari anticlericali e antisociali già percorsi nei cinque lavori precedenti, compreso l’ultimo “Manifesto di Odio”, pubblicato un paio di anni fa.
Il titolo della nuova invettiva, “Burn In Metal”, risulta sin troppo lieve in confronto al suo effettivo contenuto: le nove requisitorie letteralmente sputate nei padiglioni auricolari del povero ascoltatore da parte di Alessio Medici, puntualmente al posto di comando, non risparmiano nessuno.
Old-school all’ennesima potenza, un timbro vocale che ci riporta a quello del Jeff Becerra più dannato, uno speed-thrash grezzo e primitivo, senza la minima pretesa e volontà di aggiungere orpelli melodici o stacchi più o meno lenti. Venom, Possessed, Exciter, Motörhead: i Violentor, per festeggiare al meglio i vent’anni di carriera, intingono la propria croce rovesciata nella poltiglia rumorosa della vecchia scuola, aggiungendo velocità, marcando la sporcizia.
La sprangata di riff inferta dall’opener “The Return of the Assassins” è semplicemente la prima di una lunga serie che non troverà pace sino all’ultimo sospiro malefico di “Night of the Werewolves”. Nel mezzo, imprecazioni e bestemmie in lingua madre (orecchie puntate su “Storm of Blasphemies” condita da sample a dir poco coloriti), ingiurie in versione anglofona, brani evocativi di serial killer più o meno datati (si passa da Gianfranco Stevanin al mostro di Scandicci), oltre ad un perenne carico di odio e violenza verbale, con l’unico obiettivo di colpire nel segno, stritolando le regole del buon costume e del facile moralismo.
Tale brutalità lirica va di pari passo con quella musicale, chiamando in causa la furia primordiale riversata a suo tempo da band quali Sarcofago, Vulcano e Celtic Frost (numerosi a tal proposito gli ‘uh’ di Ale Medici in modalità Tom G.Warrior).
Ed è questo, in definitiva, l’intento della band toscana: rinnovare la crudeltà di quel misto diabolico di thrash e death, sostenuta da uno spirito riluttante che ha contribuito, lungo i quattro lustri finora trascorsi, a certificare di blasfema sincerità sia gli album in studio che le prestazioni dal vivo dello stesso trio lucchese. Fatevi dunque da parte se avete timore di osare; di contro, lasciatevi invece cullare dalla cattivissima (nel vero senso della parola) invasione di astio totale rilasciata senza mezza termini dal terzetto tricolore.