7.5
- Band: VISCERA///
- Durata: 00:44:45
- Disponibile dal: 21/10/2010
- Etichetta:
- Consouling Sounds
- Distributore: Goodfellas
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Un album per nessuno se non per se stessi. Chi ha amato “Cyclops” del 2007 sicuramente storcerá il naso di fronte a questo nuovo lavoro del combo post-grind cremonese, e lo bollerà come un semplice ammorbidimento ruffiano. Chi invece riesce a guardare oltre quel naso troverà una delle poche band provenienti dal Bel Paese che per una volta non impiega tutte le proprie qualità ad imitare formule già collaudate da altri, ma che invece si guarda dentro, con umiltà e coraggio, per cercare quel seme della propria ragion d’essere e il senso più profondo del proprio processo creativo, per creare qualcosa di nuovo. E’ un cammino arduo e rischioso questo, in cui pochi sono disponibili a rischiare, facile com’è battere sentieri conosciuti il cui appeal è più scontato, in cui il lavoro duro è già stato fatto da altri, e in cui la seduzione è già avvenuta e non rimane che mettersi in fila per godere della gloria altrui. I VISCERA/// dal canto loro con “Zeitgeist…” non scendono ad alcuno dei compromessi sopra citati, e con coraggio e a testa bassa hanno creato da soli, guardando da nessuna altra parte se non dentro se stessi, un lavoro sfuggente e affascinante che probabilmente in pochi riusciranno a capire. Questo album sarà amato o odiato, ma non lascerà nessuno indifferente, ed è proprio qua che sta la prima vittoria di questi quattro ragazzi. Musicalmente tra il precedente “Cyclops” e questo “Zeitgeist…” c’è un abisso che lascia quasi spiazzati. Il bozzolo carcassiano che inglobava la band fin dagli esordi si è prima squarciato con “Cyclops”, e si è disintegrato del tutto poi con questo nuovo capitolo. Ne è uscita una creatura nuova, sempre tremendamente viscerale (scusate il gioco di parole!) e minacciosa, ma anche dannatamente eterea e multiforme. Le quattro lunghe tracce che compongono il disco hanno un andamento incerto e imprevedibile, intermittente quasi, come il respiro continuo ma disturbato di una persona addormentata nel mezzo di un sogno, in cui lunghi momenti di ammaliante quiete vengono squarciati da violenti sussulti e spasmi incontrollati. Il tutto è caratterizzato da una tensione perenne e percepibile di fondo, in cui le parti più pacate in realtà sembrano sviluppare tensione, mentre quelle più aggressive al contrario sembrano liberarne. Psichedelia e metal qui non sono neanche più ambipresenti, ma bensì perfettamente fusi insieme in un continuo e simultaneo flusso lisergico. Punti di riferimento? Pochi, e questa è un’altra freccia nella già nutrita faretra di questo album. E’ davvero difficile fare accostamenti sensati di alcun tipo. C’è un’ovvia componente psichedelica e seventies che permea ogni snodo dell’album, e a momenti viene anche in mente un certo space-kraut rock di stampo europeo, ma nessun nome a cui collegare il tutto. Il marciume sludge-grind residuale delle orgini – ormai ridotto a un “impressionismo” sludge-grind – ha lasciato il passo a sporadiche e feroci accelerazioni che si disintegrano nel giro di pochi minuti, polverizzandosi in stranianti e monolitiche cavalcate psichedeliche. Altra novità che conferma la evidente volontà della band di mettersi in gioco è l’uso sempre più prominente di un ottimo cantato pulito, che senza essere troppo invasivo o pacchiano riesce alla perfezione nell’intento di allargare gli orizzonti della band e fare di “Zeitgeist…” un album più policromatico e profondo rispetto ai lavori precedenti. Un album non facile, quindi, con il quale è difficile interloquire, e in cui i lidi familiari e sicuri sono ben pochi tanto è il carico introspettivo e intimisitico che la band ci ha messo per creare un lavoro unico e personale. Missione compiuta comunque. Bravissimi.