7.5
- Band: VOID OF SLEEP
- Durata: 00:51:31
- Disponibile dal: 17/10/2025
- Etichetta:
- Aural Music
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I Void Of Sleep sono l’ennesima dimostrazione di quanto sia valida, variegata e ‘sul pezzo’ la scena stoner, sludge e doom nazionale. Ravennati, hanno ricevuto già ottimi riscontri per i dischi precedenti, soprattutto il debutto del 2013 di matrice stoner-sludge “Tales Between Reality And Madness”, un fulmine a ciel sereno abbattutosi sulla scena internazionale, al quale hanno fatto seguito altri due validissimi lavori che hanno traghettato il gruppo verso lidi più sofisticati e progressivi: “New World Order” del 2015 e “Metaphora” del 2020.
La bravura dei Void Of Sleep sta nel saper coniugare le loro molteplici influenze in maniera credibile e senza perdere la bussola; c’è bisogno però di un po’ di sana passione per questo genere di proposte e una certa fede nelle capacità del gruppo per cogliere appieno il loro potenziale, e soprattutto per mantenere la concentrazione necessaria a cogliere i vari passaggi.
Atmosferici, ma all’occorrenza anche discretamente frenetici e tumultuosi, percorrono la via del progressive metal con sicurezza e precisi riferimenti che vanno dagli Opeth ai Tool, dai Voivod ai Mastodon, passando da un tema all’altro con fluidità ed esperienza.
Le origini stoner-sludge rimangono sottotraccia, tenendo i romagnoli a una certa distanza dallo spleen che caratterizza a volte questo tipo di proposte: i nostri invece riescono a essere estremamente incisivi anche sui passaggi più eterei e malinconici.
I nostri hanno fatto un grande acquisto alla vigilia della pubblicazione del terzo “Metaphora”, con l’innesto in formazione del tastierista Mohammed ‘Momo’ Ashraf – ora pienamente partecipe anche nella composizione dei pezzi – che con i suoi tappeti sonori conferisce a questo nuovo “The Abyss Into Which We All Have To Stare” un tocco più contemporaneo e aiuta a legare fra loro gli strumenti e le diverse anime dei Void Of Sleep: la batteria precisa e piena d’inventiva di Allo, il basso corposo e pulsante di Andrea Burgio (ex Nero di Marte), le chitarre di Burdo e Gale, che riescono miracolosamente a coniugare la fangosità dello sludge con la raffinatezza del prog.
Il cantato dello stesso Burdo ha i suoi punti di forza nel timbro e nell’intonazione, mentre l’interpretazione e la costruzione delle melodie non sempre appaiono ineccepibili; là dove i Void Of Sleep dimostrano invece di essere nettamente un gruppo di livello superiore è nello sviluppo di lunghe cavalcate strumentali, tecniche, psichedeliche, fresche, contemporanee, una vera goduria per l’udito; volendo pescarne una nel mazzo diremmo quella sulla seconda parte della quinta “From An Unborn Mother”, veramente sublime.
Andando a ritroso, bellissima l’apertura con una breve strumentale di matrice ambient seguita dai toni ora opprimenti, ora ariosi di “Omens Of Nothingness”: progressive metal e sludge atmosferico ai massimi livelli tra Tool e Neurosis, assolutamente ricercato ma fruibilissimo, impossibile chiedere di più.
Una felice misura che si riscontra anche nella finale “Of A Demon In My View”, mentre tra i pezzi più intricati e sperimentali dell’album la palma per l’amalgama migliore lo vince la sesta “Phatoms Of Nihil”, dove le parti strumentali e cantate si incontrano e si scontrano con risultati inaspettati e ammalianti.
Un disco di non sempre facilissima assimilazione: quanti contavano in un ritorno alle origini stoner-sludge o in una semplificazione della proposta resteranno delusi: questo nuovo “The Abyss Into Which We All Have to Stare” più che un punto d’arrivo, è un altro passo in un cammino che può portare lontano, e i ravennati proseguono nella loro peculiare ricerca personale riuscendo il più delle volte a non rendere troppo cervellotico il loro stile; inoltre, la scelta di non adagiarsi sugli allori a seguito degli ottimi riscontri ricevuti con l’album di debutto e complicarsi un po’ la vita spingendo sulla vena progressiva va senz’altro premiata per il coraggio e perché è assolutamente nelle loro corde; va infine sottolineato che senza gruppi in grado di guardare oltre il presente, il destino di questa musica sarebbe inevitabilmente quello di cadere prima o poi nell’oblio.
