7.0
- Band: VOID ROT
- Durata: 00:29:27
- Disponibile dal: 22/07/2022
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
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Di primo acchito, il classico EP riempitivo. Ad un ascolto anche solo superficiale, l’ennesima dimostrazione di talento da parte di una delle migliori leve death/doom statunitensi. Penalizzati come molti altri gruppi dallo scoppio della pandemia, vista la mancata promozione live del solidissimo full-length “Descending Pillars”, i Void Rot si riaffacciano sul mercato con un mini che ha sia lo scopo di fare da apripista all’imminente tour europeo in compagnia dei nostrani Burial, sia quello di evidenziarne l’affinamento stilistico grazie all’unico inedito presente, ad oggi – con molta probabilità – la migliore composizione mai scaturita dalla loro penna. Un brano, “Telluric Dismemberment”, che fin dal titolo emana una visceralità e un’intensità pressoché palpabili, srotolandosi in una cavalcata che sa tanto di pesantezza quanto di solenne contemplazione di un ineluttabile fenomeno naturale.
Sei minuti in cui i modelli di riferimento del gruppo di Minneapolis (Disembowelment, Spectral Voice, ecc.) vengono presi e omaggiati con un piglio ormai autorevole e fluidissimo, facendo passare in secondo piano la vena derivativa della proposta grazie ad una scrittura ingegnosa e accattivante, sorprendentemente vitale nonostante le atmosfere mortifere a cui si appoggia. Musica sì cavernosa e giunta fino a noi dai recessi di qualche abisso, ma che non per questo diventa sinonimo di eccesso e ridondanza; un po’ come gli autori di “Eroded Corridors of Unbeing”, o anche Krypts e Mortiferum, il quartetto sa come dosare gli elementi, evitare i vicoli ciechi di riverberi e – soprattutto – porre in primo piano le dinamiche del guitar work, ben bilanciato fra parentesi caterpillar e digressioni interiori, per un mix che non vediamo l’ora di assaporare in modo più compiuto sulla prossima prova sulla lunga distanza.
Archiviata la titletrack, è quindi tempo di una bella cover di “Black Embrace” degli Amorphis, ulteriormente malvagizzata, e di tre pezzi (ben) registrati dal vivo, i quali allungano un po’ il brodo dandoci comunque modo di valutare l’effettiva solidità del progetto, perfettamente in grado di replicare le trame della propria musica sul palco. Insomma, se l’intento era quello di tenere vivo il nome e ribadire lo status di ottime promesse della scena death/doom, si può dire che i Void Rot abbiano fatto ancora una volta centro. Chi avrà modo, non se li perda live a settembre.