7.5
- Band: VOIDWARDS
- Durata: 00:39:07
- Disponibile dal: 27/012/2024
- Etichetta:
- Aesthetic Death
Debutto estremamente ostico questo dei Voidwards, misterioso progetto che arriva dalla Russia e che propone un claustrofobico e lentissimo doom metal ai limiti del drone. I riferimenti sono, come prevedibile, i Thergothon, la scuola funeral finlandese e gli incubi degli Abruptum, per quaranta minuti asfissianti, spesso statici e disorientanti.
Due canzoni della durata media di venti minuti che si snodano attraverso i minimali ritmi di una batteria lontanissima, un magma di distorsioni in continua evoluzione e una pesante struttura ambient che sorregge il tutto attraverso voci filtrate ed un substrato di tastiere e feedback vari che contaminano la base metal vera e propria. “Bagulnik I” è una lunghissima ed estenuante evoluzione verso un climax di disperazione fatto di riverberi e tristi riff appena accennati, in grado di ricordare i primi Void Of Silence ma suonati alla metà della velocità.
La musica dei Voidwars non ha come fine principale dimostrare quella fisicità che invece ci si aspetta dai SunnO))), quanto piuttosto il descrivere stati d’animo di disperazione e vuoto, come fosse una caduta eterna verso la dannazione. Descrivere le strutture di “Bagulnik” è praticamente impossibile, data la sua natura da disco ambient che si evolve lentamente attraverso cambi di umore e improvvisi picchi emotivi, come succede nel momento in cui i due brani si incontrano, tramutando il tutto in un qualcosa di più luminoso – ma solo in apparenza.
Tutta la seconda parte del disco è sorretta infatti da un lontanissimo bordone di voci corali e campane distorte, che descrivono una marcia funebre infinita verso l’abisso. Un qualcosa di veramente inquietante, non originalissimo ma tremendamente efficace ed affascinante (grazie anche ad un minutaggio relativamente contenuto per gli standard del genere) a patto che siate abituati alla natura estremamente sperimentale di certe atmosfere.
Non ci troviamo di fronte al ‘solito’ album funeral doom moderno, ma a un qualcosa di molto più angolare, quasi come uno “Stream from the Heavens” -inteso come metro di paragone meramente stilistico e non di importanza storica- che ha fatto il salto generazionale inglobando influenze prese dalla scuola drone e quella dark ambient tanto cara ai Gnaw Their Tongues più corrosivi e orchestrali.
Seppure con le dovute proporzioni e senza scomodare i capisaldi del genere, “Bagulnik” rappresenta una inaspettata perla nera nel panorama odierno, difficilissimo e a volte estenuante, ma destabilizzante e capace di trasmettere una sensazione di disagio vera e genuina. Ma dopo tutto non è questo quello ci si aspetta da dischi del genere?