8.0
- Band: VOIVOD
- Durata: 00:47:54
- Disponibile dal: 11/02/2022
- Etichetta:
- Century Media Records
Spotify:
Apple Music:
Quando si parla di band che non sanno cosa voglia dire invecchiare, il primo nome che dovrebbe saltare alla mente è quello dei Voivod. Senza voler entrare in un labirinto di paragoni con questo e quell’altro gruppo, è difficile assistere a un tale percorso evolutivo, a una reinvenzione di se stessi e assestamento ai piani alti del proprio campo, come quello compiuto dai Away e compagni. La fase di carriera inaugurata da “Target Earth”, proseguita con l’EP “Post Society” e lo strabiliante “The Wake”, si arricchisce oggi di un altro album degno dei grandi classici della formazione. Un disco nel quale facilmente si riscontrano rimandi a diverse ere passate dei Voivod, siano gli anni di “Dimension Hatröss” e “Nothingface”, sia le fasi lievemente più easy listening, come negli anni di “Angel Rat” o “The Outer Limits”, fino ad arrivare ai giorni nostri. Ciò nonostante – e lo capiamo al primo ascolto – la freschezza di idee, la brillantezza esecutiva e le voglie esplorative/sperimentali, non vengono meno, coinvolgendoci in pochi attimi in un altro viaggio interstellare verso mete inesplorate. Superfluo oramai ricordare come l’ingresso di Chewy alla chitarra abbia rappresentano un passaggio di testimone formidabile con il defunto Piggy, così come il contributo di Rocky al basso sia imprescindibile nell’iniettare uno speciale dinamismo allo stile mutevole e sempre riconoscibile dei Nostri. Tuffiamoci allora nelle canzoni, per osservarne da vicino i contenuti.
Sghemba, psichedelica, irregolare, “Paranormalium” ci fa capire quale sarà il tono dominante di “Synchro Anarchy”: un album complessivamente meno sperimentale di “The Wake”, non così sfrontato nell’impatto generale, quasi sornione in molti punti, abbandonato a uno stato lisergico d’altri tempi. I dialoghi di basso e chitarra si dividono eternamente tra la ricerca di suoni spaziali e fughe nell’infinito e oltre, e improvvise sterzate, nel verso di quel techno-thrash del quale il quartetto rimane uno dei migliori esponenti. Anche se ogni etichetta, per i Voivod, suona limitante. Mentre è meglio rimanere intrappolati dalla narrazione di Snake, divenuto particolarmente espressivo nelle ultime pubblicazioni, anche più coraggioso nello sfruttare la sua stramba, nasale, voce. Away gioca sui ritmi come un bambino che scopre ogni giorno qualcosa di nuovo, se ne stupisce, ne rafforza le conoscenze e non esita a esprimere quel che ha imparato: i saltellii della titletrack rimandano ad ambientazioni astrali e variopinte, si concedono pure una quiete irreale, concedendo spazi di rilassatezza surreali.
Il suono del disco ha un’idea più vintage del solito, non lontanissimo dalle produzioni di fine Anni ’80 e dei primi Anni ’90, senza che ciò intacchi la modernità dell’insieme. Liquide dissonanze e melodie null’altro che ‘voivodiane’ si sviluppano attorno a giri di basso tutti storti e centrali nell’indirizzare i brani, facendo viaggiare l’immaginazione, proiettando visioni caleidoscopiche e misteriose, spingendo sull’acceleratore quel che basta, rompendo spesso gli equilibri per introdurre a qualche andamento stravagante. Non si contano gli incisi un po’ ambigui, un poco più cupi, tesi, dove rintracciare suoni inediti, quel manipolare l’effettistica che già nei primi anni rendeva unica la proposta dei canadesi. Nonostante la scorrevolezza complessiva, è arduo trovare momenti davvero catchy, per quanto una “Planet Eaters” od “Holographic Thinking” abbondino di momenti travolgenti, vortici nei quali trascinarci e farci volteggiare fuori dal mondo. Ritorna a colpire una schiettezza quasi punk, in alcuni fraseggi molto semplici e diretti, come quello in apertura di “Sleeves Off”, a chiudere completamente il cerchio con il proprio passato e connetterci con il futuro indefinito che abbiamo davanti.
Quello voivodiano rimane un linguaggio, diciamo, per iniziati, e non sarà di certo “Synchro Anarchy” ad aprire le porte per una sincera accessibilità. L’invito a provarci, per chi li abbia finora trascurati, rimane sempre valido: una volta che si è entrati in sintonia con i macro e micromondi della band, sarà arduo farne a meno.