8.0
- Band: VOIVOD
- Durata: 00:56:42
- Disponibile dal: 21/01/2013
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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Dopo il track by track pubblicato qualche mese fa su queste stesse pagine, ci ritroviamo finalmente tra le mani una copia del nuovo “Target Earth” dei Voivod. Le impressioni iniziali, viziate dal fatto che il lavoro era stato ascoltato una sola volta, vengono più o meno confermate dopo una più attenta disamina del tredicesimo full length dei maestri canadesi. Le novità più eclatanti – lo sapete tutti – stanno nel ritorno al basso di Blacky e all’ingaggio di Daniel “Chewy” Mongrain in sostituzione del mitico Piggy. “Target Earth” è anche il primo album interamente composto senza l’ausilio di materiale scritto da Piggy stesso ed è quindi più che lecito considerarlo come una sorta di nuovo punto di partenza per la band. Punto di partenza che però non può non guardare indietro, alle evoluzioni musicali che hanno contraddistinto le varie fasi della carriera del combo ed ai propri trademark distintivi, primo tra tutti un utilizzo della sei corde estremamente dissonante e peculiare. E qui Chewy riesce a fare il miracolo di non fare rimpiangere Piggy, grazie ad una prova che sacrifica l’estro personale sull’altare della continuità voivodiana. La dedizione alla causa del talentuoso chitarrista è totale e sfidiamo chiunque a poter dire che quelle note, quei riff e quei solos non paiono suonati da Denis D’amour. La musica contenuta nel nuovo platter può essere considerata come una sorta di incrocio tra il materiale di “Nothingface”, “The Outer Limits” ed “Infini”, con qualche piccola ma significativa aggiunta del periodo Forrest, come risulta già evidente sin dall’iniziale title track. Di seguito troviamo la tellurica “Kluskap O’Kom” – già proposta spesso in sede live – che cresce con gli ascolti e convince in virtù di una potenza esecutiva notevole. Eccezionale “Empathy For The Devil”, dall’incedere sbilenco e progressivo che fa capire quanto siano stati importanti i King Crimson nella crescita della band. Il primo singolo estratto dall’album è “Mechanical Mind”, notevolissimo esempio di tecno thrash soffocante sopra al quale Snake declama istrionico con la sua ugola nasale ma personalissima. Il break progressive a metà brano è una delle cose migliori mai composte dalla band, giusto per mettere in chiaro la cosa. A chiudere una trilogia di brani spettacolari arriva “Warchaic”, che alterna partiture ariose simil “Angel Rat” ad un thrash cibernetico ed asettico per un risultato finale stratosferico. Away dietro le pelli è un vero maestro, ottimamente spalleggiato da un Blacky molto in palla. Un brano del genere ridicolizza almeno il 95% della scena thrash attuale e passata, un vero capolavoro di intensità e di alienazione musicale. Come per compensare tanta grazia, “Resistance” e “Kaleidos” sono di caratura decisamente inferiore: la prima memore delle semplificazioni di “Infini”, mentre la seconda risulta ritmicamente fin troppo complessa, tanto da non riuscire a trovare spunti di songwriting particolarmente azzeccati. Si ritorna su ottimi livelli con “Corps Étranger”, che alterna tempi molto veloci e thrashy a passaggi molto cadenzati e quasi industrialoidi, memori di “Phobos” diremmo, seppure con le dovute differenze. In conclusione ecco arrivare “Artefact” con il suo incedere progressivo ed allucinato, dove tutta la band riesce a trarre il meglio dai propri strumenti. La breve “Defiance” ci accompagna all’uscita di un album nel complesso inferiore (non di molto) ad alcuni dei capolavori del passato, ma che rimane la cosa migliore della band dai tempi di “The Outer Limits”, al pari di “Phobos”. Eterni.