7.5
- Band: VOIVOD
- Durata: 01:05:41
- Disponibile dal: 04/03/2003
- Distributore: Frontiers
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Croce e delizia dei “metallari” sin dagli anni ’80, ecco una band che non accetta compromessi, che va venerata oppure odiata. Certo, i motivi che delimitano tali confini non sono quelli della risibile diatriba riservata ai Cradle Of Filth: qui lo spartiacque è invisibile, più cervellotico, poiché non tutti sono nati per ascoltare i Voivod. Un gruppo assolutamente sui generis, un gruppo non identificabile – proprio come il suo genere. Sin dagli esordi, e si parla di ben diciannove anni fa, i Voivod sono stati una vera e propria mina vagante. Pazzi, irrefrenabili, inquieti, sperimentali oltre le sperimentazioni consentite, menefreghisti nei confronti di qualsiasi posizione sul come si debba suonare, anticonformisti della musica eppure tanto intelligenti e dotati di un talento invidiabile. Un cervello in moto costante, che associa un animo volubile a ragionamenti contorti come rebus insolubili, il tutto trasformato nella quintessenza della musica. Da sempre ci sono stati quelli che si sono innamorati dei Voivod al primo ascolto, dopo poche note, e quelli per i quali i Voivod sono sempre stati e sempre saranno un fastidioso, continuo ronzìo di un insetto impazzito. Questo “Voivod” non è un album sperimentale all’inverosimile e incatalogabile, la ‘magia’ dei Voivod è che non suonavano thrash quando erano una thrash metal band e, oggi, che non sono una rock band ora che le loro canzoni sono piuttosto rockeggianti. Qualcosa somiglia a quel lavoro che segnò una certa evoluzione/distacco dalla musica più estrema, “Angelrat”, ma un’altra caratteristica della band d’oltreoceano è l’incapacità (leggi: ‘volontà’) di non ripetersi mai; inutile quindi andare a cercare trascorsi storici. La band sembra in splendida forma grazie anche al fatto di poter contare sulla formazione originaria escluso il bassista, la cui postazione è ora controllata da Jason Newsted (ex Flotsam & Jetsam e come molti di voi sapranno, Metallica). Un cd ‘alla Voivod’ si diceva, un album da ascoltare più che da giudicare: prendete la vostra macchina e partite su una lunga strada, di quelle che non finiscono mai, in compagnia di questo “Voivod”… potrebbe essere il viaggio più avventuroso e spericolato della vostra vita. Tredici canzoni rockeggianti, psichedeliche (ma non nel senso comune del termine), sperimentali. Insomma, cambia lo stile ma il marchio è sempre quello, indecifrabile, dei Voivod. La prima metà del disco è forse quella più “canonica”: canzoni belle, orecchiabili, quasi stoner a tratti, molto rock spesso; la seconda parte è più strana e di difficile assorbimento per chi non è abituato ad ascoltare questa band ma, ad ogni modo, “Divine Sun” e la conclusiva “We Carry On” non lasciano dubbi sulla qualità della band e di questa nuova fatica. Un gruppo impossibile da recensire perché si maschera sempre sotto una nuova veste, che di volta in volta è unica; un gruppo che va ascoltato per prima cosa, amato oppure odiato per seconda. Enter the Voivod galaxy…