8.5
- Band: VOLA
- Durata: 00:40:56
- Disponibile dal: 01/11/2024
- Etichetta:
- Mascot Records
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
La crescita dei danesi Vola negli ultimi dieci anni è stata vigorosa e sicura. Da un primo disco, “Inmazes”, sbilanciato verso il djent/progressive che in quel periodo, a metà anni ’10, stava vivendo un primo periodo di auge, fino al terzo full-length, il contaminato e sfaccettato “Witness” del 2021, i quattro di Copenhagen hanno allargato a macchia d’olio la propria platea di ascoltatori.
Merito di uno stile composito, che dal metal si allarga a morbidezze pop, indie e alternative rock, dreampop e shoegaze, attraverso una miscellanea di suoni istantaneamente attrattivi e di un talento nel disegnare melodie di facile consumo sopra la media. I Vola sono un gruppo che è metal solo fino a un certo punto, e lo diciamo con ammirazione, perché i ragazzi nordici sanno andare lontano e in profondità nell’esplorazione di un ampio spettro sonoro, senza perdere in coerenza interna, né smarrirsi in sperimentazioni vacue e prive di consistenza.
Andando avanti allora sulla strada della contaminazione, dell’insaporimento di chitarre distorte e compresse con tastiere foriere di suoni lucenti, setosi e ariosi, di un modo di essere e vivere le sonorità dure che ha molto del pop più elaborato e sofisticato, i Vola arrivano a quello che è il loro disco più compiuto, equilibrato e continuo dal primo all’ultimo brano.
Se, almeno a parere di chi scrive, in passato c’erano molti pregi nell’operato dei quattro, ma pure qualche momento meno intrigante, più ordinario, con “Friend Of A Phantom” siamo in presenza di un album riuscito sotto ogni singolo aspetto. Senza effettivi punti deboli, compatto, avvolgente e variegato, dove ogni canzone sa esprimersi al meglio, emergere per sue qualità inconfondibili e richiamare a un ascolto famelico e incessante.
Se l’opener è ciò che dovrebbe far capire dove va un disco, dare l’impronta e condurre per mano al suo interno con una stretta forte e sicura, “Cannibal” è non meno che perfetta. Il duetto tra Anders Fridén degli In Flames e il cantante/chitarrista Asger Mygind si compie attraverso un incastro che esalta sia la natura del pezzo, sia le attuali possibilità vocali di Fridén e l’interazione con un tipo di musica che, soprattutto in questa prima, feroce, traccia, non sta poi così distante dall’indirizzo preso da tempo dagli In Flames medesimi. Anche sul piano strumentale, “Cannibal” mette sul piatto il raffinato equilibrismo dei Vola nell’assecondare sia passaggi dirompenti e pressanti – ottimo l’attacco meshugghiano, ad esempio – che diluizioni sonore sognanti e superiori alla quasi totalità della concorrenza che si cimenta su coordinate simili.
Camaleontici, vitali, sincronizzati al meglio per essere immaginifici e concreti nello stesso istante, anche su “Break My Lying Tongue” i danesi danno spettacolo: il dialogo tra le fantasiose evoluzioni di tastiera – un’enciclopedia di soluzioni tra elettronica, dreampop, trip-hop e quant’altro – la voce ammaliante di Mygind e lo scrosciare tuonante delle chitarre è tra le cose migliori che il metal ‘facile’, melodico e futurista possa proporre oggigiorno. La massa chitarristica è notevole, non perde in nitidezza e non ha un’aria fintamente potente, come può succedere a volte con produzioni sovraccariche nei toni ma prive di vera consistenza.
Pur all’interno di un minutaggio sintetico – poco oltre i quaranta minuti – il gruppo trova diverse chiavi di lettura, andando su terreni non per forza inediti e, nonostante ciò, compiendo un passo avanti rispetto al passato. In “We Will Not Disband” si va molto vicini a un’icona del progressive metal tendente al pop come gli australiani Voyager, e come per la creatura di Daniel Estrin la soffice magnificenza delle melodie non scade nel mieloso, trovando invece rafforzamento e vigore nei chitarroni ribassati.
Scendendo ulteriormente nella rarefazione, i Vola non scemano di efficacia: “Glass Mannequin” è l’ala più eterea di “Friend Of A Phantom”, praticamente solo voce e tastiere, in un connubio emozionante e per nulla ruffiano. Appena si riprende quota con l’elettricità, è di nuovo un turbinare di suoni siderali, ammiccanti e potenti, dove la componente progressive va ad emergere per gli elaborati intrecci melodici, mentre sul piano ritmico la frenesia è al ribasso, a nostro avviso con evidente vantaggio per l’espressività del gruppo.; infine, alcuni break di pura pesantezza e la loro alternanza a fraseggi più leggeri e onirici sono veramente distruttivi, come accade in “Paper Wolf”.
Spesso sembra di ascoltare i Leprous pre-“Malina” con minori sovrastrutture, un taglio più alternative e un cantato meno ‘acrobatico’, pur sempre cristallino e camaleontico. Ci viene in mente questo accostamento per un’altra canzone leggera e apparentemente molto semplice, “I Don’t Know How We Got Here”, dove voce e tastiere si amalgamano in un abbraccio rassicurante, incantandoci senza sforzo.
“Friend Of A Phantom” ha inoltre l’indubbio merito di crescere con gli ascolti, passando dall’idea di essere ‘semplicemente’ un altro buon album dei Vola, a trascinarci in ascolti ripetuti ed appassionati, quelli riservati alle opere che si staccano nettamente dalla consuetudine. Per i loro tanti fan, l’ennesima dimostrazione delle qualità di Asger Mygind e compagni. Per tutti gli altri chi finora li hanno ignorati o guardati con scetticismo, l’occasione per ricredersi.