7.0
- Band: VOLA
- Durata: 00:44:06
- Disponibile dal: 21/05/2021
- Etichetta:
- Mascot Records
- Distributore: Edel
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Trascorrono i canonici tre anni (una volta erano due, gli anni canonici, ora spesso aumentano a tre) tra una pubblicazione e l’altra, ed ecco anche i danesi Vola rientrare sulle scene con il loro terzo lavoro sulla lunga distanza, che segue il debutto “Inmazes” del 2015 ed il secondo, e più radio-friendly, “Applause Of A Distant Crowd”, edito nel 2018.
A formazione immutata, con il leader, cantante e chitarrista Asger Mygind a guidare le gesta dei prog metaller scandinavi, il nuovo “Witness” si sistema facilmente e felicemente in una posizione di compromesso tra l’esordio più tellurico e inquadrabile di certo in un’ottica djent ed il successivo disco, come appena accennato strizzante molto l’occhio a sonorità più ariose, sognanti e leggere, rasenti evoluzioni pop. Molto di tale approccio soft, nella musica dei Vola, è dovuto alle partiture e alle soluzioni di tastiera e sintetizzatori: Martin Werner, co-fondatore del gruppo, non si limita certo a fornire semplici linee di arrangiamento e/o accompagnamento, bensì spesso detta e plasma, soprattutto proprio in occasione delle tracce più accessibili, lo scheletro che sorregge tutta l’impalcatura del brano. Dal canto loro le chitarre di Mygind sono tornate ad imprimere maggiormente la loro potenza sulla totalità del platter, marchiando i riff più sincopati di una chiara matrice Meshuggah. Il singolo “Head Mounted Sideways” rappresenta e trasmette alla perfezione questa dicotomia ben auscultabile nello stile dei Vola, una band che si potrebbe malignamente considerare metal solo per via della distorsione pesante delle sei-corde e per qualche groove spaccasassi che esplode improvviso; per il resto, i momenti docili e mielosi (l’ipnotica e commovente “24 Light-Years” e “Freak” su tutti) sono davvero fin troppo sdolcinati e aperti a sensazioni pop e indie per infiammare i sentimenti dei metallari dalla scorza più dura, seppur emotiva.
Mygind ha un timbro caldo e versatile, usato sempre pulito e qualche volta in falsetto, ma anche la sua forte vocalità e la dolcezza delle sue linee vocali non aiutano a dare l’aggressività sperata ai Vola, i quali probabilmente non desiderano neanche averne molta in più, di aggressività, cercando invece di puntare sull’immediatezza delle loro melodie: “Inside Your Fur” (un titolo, un malizioso programma) e “Future Bird” la dicono lunga sulla comunque apprezzabile capacità del quartetto di Copenhagen di realizzare canzoni ben bilanciate tra accessibilità e quel pizzico di violenza utile a far drizzare qualche orecchio in più. E l’opener “Straight Lines”, tirando le somme, è da segnalare come il manifesto dei Vola del 2021, un episodio fra i meglio riusciti della loro discografia, il cui giro portante di keys e chitarra vi coinvolgerà in pochissimi secondi, mentre un chorus da Eurovision vi manderà sotto la doccia a cantare in men che non si dica.
Piccolo discorso a parte lo merita la canzone “These Black Claws”, piazzata di traverso ai richiami a Devin Townsend, Porcupine Tree, Meshuggah, ultimi In Flames che imperversano lungo “Witness”: il pezzo si apre con una ritmica hip-hop sulla quale Mygind alla voce e i synth di Werner imbastiscono una strofa dolciastra e ballabile, per poi esplodere in un chorus potente in salsa djent-doom e riprendere la calma con un paio di evocativi interventi del rapper Shahmen, per un unicum davvero particolare, e per open-minded people, nella carriera dei Nostri.
Insomma, confermiamo una valutazione positiva ma non esaltante per i Vola, in grado di impressionare certamente gli ascoltatori più giovani e che gradiscono le sonorità edulcorate della scena djent. Per le vecchie volpi della scena metallica, siamo di fronte ad un gruppo solamente nella media. Fate vobis.