VOLAND – The Grieving Fields

Pubblicato il 24/04/2025 da
voto
7.5
  • Band: VOLAND
  • Durata: 00:33:16
  • Disponibile dal: 25/04/2025
  • Etichetta:
  • Dusktone

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A quattro anni di distanza dall’ultimo EP, il promettente “Voland III: Царепоклонство – Il culto degli Zar”, tornano ad affacciarsi sul panorama musicale i Voland, duo italiano dedito ad un symphonic black metal sontuoso ed insieme belligerante.
“The Grieving Fields”, il debutto dei Nostri sulla lunga distanza (e sotto l’egida Dusktone), è un album striato dalle nubi mefitiche dei campi di battaglia del secolo scorso, in cui cupa epicità e solenne mestizia camminano fianco a fianco; l’apertura con “277” e “Saturno” – entrambi scelti anche come singoli – rappresenta molto bene questa dicotomia concettuale e musicale, con ritornelli azzeccati ed un ritmo tanto vario quanto incalzante in ciascuna variazione di tempo.
I Voland sono andati avanti nella loro strada, che sia scavata nella neve spietata delle steppe o disseminata di detriti e trincee: in questo album troviamo un lavoro ancora più intenso e curato nella produzione e negli arrangiamenti orchestrali, parte integrante dell’identità del gruppo da sempre, ma qui con un peso specifico davvero importante; esse sono l’ossatura di “Don” o “ARMIIR”, ma non restano sullo sfondo in davvero nessun momento. Ancora una volta, il rimando a formazioni come Fleshgod Apocalypse o Stormlord sorge spontaneo, notando come, anche in questo caso, i nostri siano riusciti a imprimere una propria impronta personale a quel chiaroscuro di trionfi e miserie rappresentato dalle parti sinfoniche, coniugandole con gusto al bel gioco di voci pulite/sporche che si alterna (in varie lingue, con fluidità), come una trina d’altri tempi, lungo i trenta minuti abbondanti di musica.
Per quanto riguarda la parte più nera, in questo caso siamo vicini, nelle intenzioni ai Rotting Christ più recenti (con echi lontani di Dimmu Borgir) o alle formazioni conterranee poc’anzi citate: è un piacere notare come essa abbia modo di uscire allo scoperto (“Rodina”, ma anche nei due singoli), soprattutto grazie ad una sezione ritmica muscolare e sempre volenterosa di lanciarsi in stacchi senza respiro, come richiedono i canoni del genere, anche se il rischio che essa venga un po’ ‘soffocata’ dal tripudio di orchestrazioni è sempre un po’ presente.
Sul finale, emerge anche una certa vena folkeggiante (nei ritmi di “Variag”, nei suoi fiati e in generale nell’atmosfera costruita, culminante in un assolo di chitarra tanto inaspettato quanto azzeccato), capace di arricchire con una sfumatura ulteriore un lavoro denso di spunti, nonostante la durata ridotta: lungi dall’essere quella manata di guasconeria da osteria come succede altrove, essa contribuisce a puntellare e sostenere quella trama di triste ma gloriosa decadenza che i Voland sembrano voler perseguire in questo lavoro, mantenendo sempre la Russia come latitudine ‘del cuore’, ma sorvolandone il terreno e la storia insanguinata con uno sguardo che ci sembra più compìto e malinconico che in passato (sentimenti sicuramente figli dei tempi in cui viviamo).
“The Grieving Fields” è una buona conferma per Haiwas e Rimmon, e siamo sicuri stazionerà a dovere negli stereo degli appassionati del genere: se il duo bergamasco riuscirà a sintetizzare ancora di più le proprie anime, lavorando per creare una proposta in cui esse siano contemporaneamente in equilibrio e in dialogo ancora più fluido e intenso, allora vedremo scintillare qualcosa di prezioso “nella terra che brucia tra i lampi d’acciaio”.

TRACKLIST

  1. 277
  2. Saturno
  3. ARMIR
  4. Rodina
  5. Don
  6. Variag
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