6.0
- Band: VOLTUMNA
- Durata: 00:16:22
- Disponibile dal: 19/01/2024
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Non mollano i Voltumna, anche se non si può dire che la costanza e la perseveranza mostrate a partire dal 2011, anno di pubblicazione dell’EP d’esordio “Chimera”, si siano tradotte in una vera affermazione all’interno del circuito underground nostrano. Oggi, ad un lustro di distanza dal quarto full-length “Ciclope”, passato un po’ in sordina, il gruppo di Viterbo si riaffaccia sulle scene con un mini autoprodotto che cerca di indirizzarne il suono su coordinate più veraci rispetto al passato, sebbene un filo di orchestrazioni e barocchismi faccia ancora capolino durante l’ascolto.
Prodotto in maniera sicuramente egregia e incorniciato da un artwork di Misanthropic-Art (Asphyx, Fulci, Mortuary Drape), “For Death Is Fate” ci consegna però una formazione che, arrivata a questo punto della carriera, necessiterebbe di ben altra spinta a livello di songwriting per farsi notare in un panorama musicale sovraccarico di uscite e realtà agguerritissime, il cui arsenale di idee e riff – in molti casi – risulta essere più letale di quello sfoggiato dal terzetto in questi solchi.
Behemoth del periodo su Avantgarde Music e vari esponenti della scena death-black scandinava (dai Necrophobic ai Dimmu Borgir) fungono come sempre da base per la costruzione di brani mediamente articolati e mai troppo veloci, con la ficcante prova dietro ai tamburi di Edoardo Di Santo (di recente entrato negli Hideous Divinity) a sorreggere un rifferama sì robusto e thrasheggiante, ma che come accennato fatica a costruirsi una sua personalità o a dispensare soluzioni veramente ingegnose.
Senza nulla togliere all’impegno e alla professionalità dei Voltumna, anche a questo giro la sensazione è insomma quella di essere al cospetto di una tracklist tanto priva di scivoloni catastrofici quanto di momenti ragguardevoli; un flusso che probabilmente affronteremmo in maniera diversa se non risalisse da una band con quindici anni di carriera alle spalle, e che in definitiva – con i suoi spunti black/death magari anche orecchiabili e impattanti, ma sentiti in mille altri contesti – non invita granché al replay.