6.0
- Band: VOYAGER
- Durata: 00:57:00
- Disponibile dal: 04/03/2005
- Etichetta:
- DVS Records
- Distributore: Frontiers
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I Voyager sono giovani, vengono dall’Australia ed hanno finalmente conquistato il tanto agognato contratto discografico con la olandese DVS. L’obiettivo del gruppo è quello di miscelare melodic rock, power, black metal melodico, ed è proprio questa volontà di spaziare tra generi così diversi che decreta l’insuccesso di “Element V”, in cui ci sono delle song carine ma il cui senso generale è di incompiutezza e disordine. Partiamo dall’opener, dal roboante titolo “Sic Transit Gloria Mundi”: dopo il classico intro tastieristico molto in voga negli ultimi dieci anni, si parte con un pezzo che cerca ingenuamente di strizzare l’occhio al folk metal, alla maniera dei nostrani Elvenking, ma il risultato non è dei più confortanti. Passiamo a “To The Morning Light”, song dall’inizio molto bello ma rovinata da una batteria che a tratti sembra stentare a seguire la canzone. Inequivocabilmente brutta, inoltre, la voce pulita del singer (in questo album infatti userà alternativamente voce pulita e growl), che ripete fino alla noia la frase “stand before the line”, risultando in alcuni punti addirittura stonato. A parziale riscatto della song arriva il ritornello, quanto meno carino. Con “Cosmic Armageddon Pt. 1” sembra di sentire del power metal italiano, ma per fortuna arrivano dei begli assoli di chitarra a correggere il tiro, per non parlare del ritornello in growl (molto somigliante qui allo screaming di Shagrath), davvero azzeccato. Eccoci al pezzo migliore dell’album, quella “Towards Uncertainty” che ammalia per le sue atmosfere eteree e l’uso di beat di batteria, ma che purtroppo patisce per la brevissima durata. Peccato. “The Eleventh Meridian” è forse troppo melodica ed ‘allegrotta’ per lasciare il segno, nonostante i tentativi di rendere il tutto più personale col solito alternarsi di vocals clean/growl. Un fruscio di un vinile ci invita in “This Bitter Land”, song caratterizzata dai bei giri di piano ma negativizzata da una linea vocale non certo delle più felici e troppo derivativa dagli ultimi lavori degli svedesi Soilwork. Passiamo a “The Ancient Labyrinth”, dove prima incontriamo le atmosfere evocative dei bravi Falconer, per poi scadere nel ricordo dei nostrani Skylark per quanto riguarda il giro di piano. Molto bello il ritornello, dove le melodie tastieristiche power si fondono con le atmosfere del black metal melodico stile Dimmu Borgir. “Miseria” è un canto in stile gregoriano di breve durata, e ben fatto. “Monument” è il classico pezzo power metal tirato. La title-track “The V Element” è un omaggio dei Voyager all’elettronica anni ’80, e soprattutto ai primi Labyrinth. La sensazione che lascia la song comunqe non è buona, in quanto la perizia dei Voyager non permette loro, almeno per ora, di cimentarsi con un genere difficile come questo. La seconda parte di “Cosmic Armageddon” è sfiancante nel suo neoclassicismo banale e derivativo. Orientaleggiante nelle melodie e nelle atmosfere è “Kingdoms Of Control”, mentre stucchevole risulta “Time For Change”. Chiude l’album la bella suite di chitarra acustica “Echoes Of Old Terra”. Arrivati alla fine dell’album ci si rende conto del fatto che raramente tornerà la voglia di ripremere il tasto ‘play’, almeno per i prossimi tre anni… il senso di confusione è eccessivo, la perizia tecnica del singer è da migliorare, la produzione da rivedere, e alcune song sono da cancellare…A parte questo tutto bene, no? Consigliato ai die-hard fan del power melodico che però, in quanto tali e quindi chiusi a riccio sui soliti quattro gruppi noti, storceranno il naso appena sentiranno una parte in growl rovinare l’idillio zucchero-plasticoso nel quale sono abituati a sguazzare… Gli altri possono tranquillamente evitare questo “Element V”.