VREID – Lifehunger

Pubblicato il 10/10/2018 da
voto
7.5
  • Band: VREID
  • Durata: 00:38:36
  • Disponibile dal: 28/09/2018
  • Etichetta:
  • Season Of Mist
  • Distributore: Audioglobe

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Sono trascorsi quattordici anni da quando Valfar, alias Terje Bakken, ha chiuso definitivamente gli occhi; e con lui quello stile particolare, quasi onirico, di suonare metal. Un connubio di black, folk e viking di ‘bathoriana’ memoria, che, per un casuale quanto azzeccato gioco di parole, prendeva il nome di ‘Sognametal’ (da Sogndal, comune norvegese in cui nacque lo stesso Valfar).
Ma non tutto, in realtà, è andato perduto: il testimone lasciato dai suoi Windir è stato infatti ripreso, seppur non in toto, dai compagni di squadra che, sotto il monicker Vreid, hanno di volta in volta personalizzato le sonorità espresse fino a quel momento dall’amico Terje. Sette album, tra storia, natura e morte, cercando di mantenere saldo ed efficace quel mix di semplice genuinità, garantita dai ritmi ruvidi e più diretti di un heavy più classico, e misteriosa malinconia testimoniata da passaggi tanto gelidi quanto melodiosi. Una varietà stilistica, una pluralità d’argomentazioni che si propaga alla perfezione nel qui presente “Lifehunger”. Rilasciato dalla Season Of Mist (dopo un sodalizio decennale con la Indie Recordings), il nuovo dei Vreid, proprio per le sue molteplici sfaccettature, richiede un numero di ascolti superiore alla media. E, traccia dopo traccia, “Lifehunger” vi entrerà direttamente dritto in testa come un macigno fatto di inquietudine, possanza e freddezza: ogni brano, infatti, dall’iniziale “Flower & Blood” sino alla strumentale “Heimatt”, porta con sé più di un sussulto ritmico oltre a continui impulsi ad alto tasso emotivo. Un’instabile altalena di passioni spinta dalla voce grezza e gelida di Sture, abile ad interpretare le varie tappe di questo viaggio tra le cupe foreste norvegesi dove la forza primordiale della natura sovrasta ogni cosa, dove solo la morte è reale. Ma veniamo a noi.
Dopo l’intro nubiloso ed acustico, ideale per incunearsi tra le fitte ragnatele tessute dai quattro scandinavi, è la glaciale ed affascinante “One Hundred Years” a scuotere l’animo dell’ascoltatore con il suo attacco black tanto maligno quanto fiabesco, ad ulteriore testimonianza della voglia di sperimentare da parte dei Vreid. Ed il sentiero prosegue con l’oscura titletrack, contrassegnata da una marcia quasi death prima che una sventagliata di riff da brividi faccia piazza pulita di tutto e tutti mentre l’urlo “Lifehunger” si staglia sovrano in attesa di una nuova ripartenza in formato black’n’roll. Sicuramente uno dei brani migliori dell’intero lavoro. E se “The Dead White” ricalca alla perfezione il trademark dei Vreid, è la successiva “Hello Darkness” a spiazzare nuovamente le orecchie del metallaro ormai lanciato in questo intreccio sonoro rivoltoso e ruvido. L’urlo disperato di Addi degli Solstafir si divincola tra le note acide svalvolate dalla band norvegese tra cui spiccano le ‘stonature’ labirintiformi sciorinate a dovere dalla tastiera di Hvall, per quello che, a tratti, appare come un pezzo dei nostri Death SS. Vertigini sonore che crollano nella seconda parte del brano quando un approccio quasi pop accompagna questa litania morente sino alle sue battute finali. Respiro. E’ però tempo di riprendere a pestare i piedi in modo arcigno, rognoso e melodico: ci pensa “Black Rites In The Black Nights” a garantire tutto ciò prima che la violenza sonora e lirica di “Sokrates Must Die” alzi ancor di più l’asticella malefica. Il garbuglio intarsiato dai Vreid si apre quindi ad una sorta di paradisiaco abbandono: cantilenosa, soffice, grintosa, mortale, la cadenzata “Heimatt” innalza “Lifehunger” a diventare non tanto l’ottavo full-length dei Vreid, quanto piuttosto l’album definitivo del gruppo scandinavo. Da avere.

TRACKLIST

  1. Flowers & Blood
  2. One Hundred Years
  3. Lifehunger
  4. The Dead White
  5. Hello Darkness
  6. Black Rites In The Black Nights
  7. Sokrates Must Die
  8. Heimatt
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