7.5
- Band: VULNIFICUS
- Durata: 00:38:21
- Disponibile dal: 10/10/2025
- Etichetta:
- Comatose Music
Spotify:
Apple Music:
“Vibrio vulnificus è un batterio Gram-negativo che infetta ferite esposte all’acqua di mare contaminata e causa setticemia a seguito di ingestione di molluschi crudi contaminati. Le ferite infette sono caratterizzate da gonfiore, arrossamento per arrivare infine alla necrosi del tessuto”.
Nei corridoi del ‘brutal’ death metal a stelle e strisce – ambiente sterminato, labirintico e caratterizzato da una rete fittissima di band, festival e label dediti al sostentamento del circuito, per quanto invisibili agli occhi di coloro non addentro l’underground più profondo – la prima prova sulla lunga distanza dei Vulnificus era di quelle attese con un misto di fiducia sincera e curiosità palpabile, in virtù di una serie di EP, rilasciati a stretto giro a partire dal 2021, decisamente incoraggianti circa il gusto e le doti del quartetto.
Speranze ben riposte, ci verrebbe da dire, dal momento che con questo “Inclination”, edito da Comatose Music e ultimo esempio della fissazione per la lettera ‘I’ dopo i suddetti “Innomination”, “Invocation”, “Inexplicable” e “Inextricable”, la band statunitense si conferma una realtà decisamente accorta e preparata, abile nel districarsi fra le mostruosità del genere con una disinvoltura che non sempre (anche fra nomi più navigati) è possibile riscontrare.
Un po’ come i giovani colleghi Submerged e Anal Stabwound, i Nostri partono sì da basi ampiamente codificate e intransigenti, restie alle scorciatoie e ai compromessi in termini di songwriting, ma da questa loro aderenza ai canoni, dal perpetrarsi di costrutti figli della scuola Disgorge (o Defeated Sanity, volendo fare un nome più recente) messo in scena dalla tracklist, soffia puntualmente un’aria di ingegno e intraprendenza che conduce l’insieme lontano dalle secche dell’anonimato e dell’aridità espressiva, facendo di questi nove brani i tasselli di un mosaico dettagliato e meticoloso.
Un’opera dai toni lividi che, da un lato, vive di una spiazzante sensazione di continua mobilità, di destrutturazione febbrile che smonta gli assunti nel momento in cui si crede di averli finalmente messi a fuoco, e che dall’altro recupera e valorizza il concetto di riff, avvolgendo nel suo bozzo una serie di micro-parentesi tradizionali in grado di riportare alla mente i classici di Suffocation, Cryptopsy e Cannibal Corpse, per una sintesi riuscita fra esasperazioni convulse e definizione delle strutture.
Su tutto, poi, grazie a scelte in sede di produzione e a interventi di sample, un’atmosfera fradicia e insalubre, degno corollario dell’immaginario scelto dalla band con il suo moniker e ulteriore prova del desiderio di questi musicisti di offrire un’esperienza totale all’ascoltatore, alienandone la mente in un modo che non sa né di gratuito, né tanto meno di improvvisato per una quarantina di minuti.
A fronte di quanto detto, è evidente come la prova del debut album sia stata superata con successo dai Vulnificus, abili nel convogliare il loro impeto – insieme all’esperienza maturata in questi anni – in un flusso che invita da subito al replay, all’approfondimento di trame parimenti spaventose e accattivanti, e che in materia di ciò che è ‘technical’ e ‘brutal’ può effettivamente essere considerato un gioiellino. Il battesimo ufficiale di una carriera da seguire con attenzione.
