7.0
- Band: VVITCH
- Durata: 00:22:22
- Disponibile dal: 07/05/2020
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Rintronante, cupissimo drone-doom strumentale è ciò che ci offre il giovane progetto a nome Vvitch. Musica intensamente funerea, cimiteriale, avvolta nel mistero e crepitante in un buio impenetrabile. Poche note e arrangiamenti minimi contraddistinguono le due tracce di “A Quietus Selection”, che si snodano a ritmi strascicati, uniformi, rimbombandoci addosso con la potenza severa delle basse frequenze e un tintinnare di piatti evocatore, di per sé, di vera tregenda. Una mantrica, bestiale ossessività è il filo conduttore di un disco che si abbevera tanto allo sludge-doom più grosso e rumoroso, quello di Yob, Conan e Ufomammut per intenderci, quanto alle correnti funeral doom avare di romanticismo, allungando e appiattendo le dinamiche attraverso il grigiore indistinto del drone. Echi di Sunn O))) e Earth infestano i concetti espressi da Vvitch, promulgati in due lunghe litanie che prevedono variazioni minime e hanno nel reiterarsi perpetuo, nell’accumulo di riverberi, la principale arma di suggestione.
Isolate digressioni chitarristiche spezzano l’incedere delle elefantiache marce strumentali, buone per cambiare di poco il passo e ripartire con ancor più tetragono vigore. Infiltrazioni ambient e, in particolare nella seconda “The Quiet Calling”, brevi inserti di synth raggelano ulteriormente l’atmosfera, donandole una patina orrorifica che si adagia perfettamente a costrutti sonori così torbidi. Alcuni movimenti parrebbero quelli degli Electric Wizard più mefitici, se abbandonassero completamente qualsiasi tentazione all’intrattenimento e preferissero aderire al Male con assoluta convinzione. La registrazione lo-fi a sua volta non lascia scampo, permettendo di entrare nelle ‘grazie’ di entità innominabili celate nell’ombra, senza che lungo il percorso di “A Quietus Selection” siano consentite vie di fuga. Una linea vocale di medesimo stampo avrebbe potuto arricchire una proposta in fondo abbastanza scarna, ma data l’efficacia del risultato finale, non ci sentiamo di rimarcare l’assenza della voce come un difetto così importante. Musica per anime dannate, ben contente di esserlo.