8.0
- Band: WAGE WAR
- Durata: 00:40:06
- Disponibile dal: 04/08/2017
- Etichetta:
- Fearless Records
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La giovane band di Ocala, Florida, condivide i propri natali con un’altra band ormai quasi leggendaria nel panorama –core, gli A Day To Remember di Jeremy McKinnon. E parrebbe che proprio il barbuto Jeremy sia rimasto talmente tanto colpito da questi Wage War da produrre il loro primo singolo nel 2015, il quale gli ha garantito immediatamente un contratto con la Fearless, e la successiva release del loro album di debutto. La fiducia sembra essere stata ripagata con gli interessi, dato che con il precedente “Blueprints”, i Nostri hanno tirato fuori una piccola gemma di melodic metalcore, un’opera prima ineccepibile sotto tutti gli aspetti, caratterizzata da un sound cazzutissimo e da delle dinamiche mai ripetitive, facendoli rapidamente salire in popolarità e seguito, e ha avuto il merito non da poco di ridare in qualche modo hype al genere, dato che il sentore di stantio è ormai quasi una costante, e che le nuove leve di classe superiore degli ultimi anni possono purtroppo contarsi sulle dita di una mano. Oggi il quintetto torna con questo “Deadweight”, e ci dimostra quanto il buon Jeremy ci abbia visto lungo. Questo lavoro infatti prende quanto proposto sul precedente “Blueprints” portandolo alle estreme conseguenze, creando un muro sonoro senza eguali nel panorama contemporaneo, mescolato a ritornelli dalle melodie al bostik ma sempre di buon gusto, e ad un riffing ruvido e davvero quadrato. Le qualità più lampanti dei WW consistono in una capacità fuori dal comune di scrivere musica catchy e tosta come un macigno, dalle dinamiche piuttosto fluide e mai banali, con un occhio sempre attento ai riff e alle linee melodiche, creando anche alcuni tra i breakdown più groovy che si possano sentire in giro (date un ascolto ad “Unbreakable” e provate a tenere ferma la cervicale), il tutto impacchettato in un sound fresco e assolutamente moderno, prendendo una cospicua mole di influenze varie e variegate, dal deathcore al nu-metal, che rende la band non una delle ennesime copie carbone, ma bensì una nuova solida realtà con la quale fare i conti. In questa opera si spazia con disinvoltura dal core a tinte emo di “Southbound”, passando per il groove spezzarotule senza quartiere di “Stitch”, il crossover da manuale della titletrack (con un ritornello che prevede sfaceli in sede live), il richiamo inconfondibile agli Slipknot di “Iowa” in “Disdain”, e persino la pseudo metal ballad “Gravity”, per restare coperti su ogni fronte, il tutto senza mai citarsi addosso o annoiare. Con i Feed Her To The Sharks ancora drammaticamente desaparecidos, e i santi numi tutelari che sembrano fare ormai poco più del minimo indispensabile per portare a casa la pagnotta, questi ragazzi sono al momento quanto di meglio il genere abbia da offrire. Con un tour da headliner in giro per gli states già organizzato, e con la crescita esponenziale di seguito che questi ragazzi stanno accumulando, ne vedremo delle belle.