WARDRUNA – Birna

Pubblicato il 21/01/2025 da
voto
9.0
  • Band: WARDRUNA
  • Durata: 01:06:41
  • Disponibile dal: 24/01/2025
  • Etichetta:
  • By Norse Music
  • Columbia

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Un anno inaugurato dalla musica dei Wardruna è un anno che si apre sotto il migliore degli auspici: sin dal primo “Runaljod – gap var Ginnunga” (capitolo iniziale della trilogia dedicata alle potenti simbologie dell’alfabeto runico), Einar Selvik, Lindy Fay Hella e gli altri musicisti della compagine norvegese, infatti, hanno trovato un modo unico di tessere un legame – antichissimo, eppure ogni volta rinnovato – tra umanità e natura.
La loro musica nasce infatti da una sorta di ‘archeologia musicale’ in cui la musicalità norrena, i suoi strumenti tradizionali e vocalità peculiari vengono non solo indagati, ma anche riutilizzati in un modo nuovo e accessibile ad un pubblico più ampio che quello scandinavo per raccontare sì una umanità antica, ma soprattutto nelle opere più recenti lo scorrere, insieme mutevole ed immobile, del mondo naturale sotto i nostri occhi, mettendolo in correlazione con una spiritualità interiore molto forte.
In un mondo in cui questo legame sembra sempre più una conquista che non una normale sensibilità con cui vivere nel quotidiano, arriva “Birna”, dallo sguardo immoto e la pelliccia folta: l’album, dedicato alla figura dell’orsa, in folklori passati vista proprio come la guardiana del regno naturale e dei suoi cicli, la immagina dormiente e in letargo (“Dvaledraumar”, con i fiati dilatati e i ritmi distesi ne ricrea il sonno meditativo); di conseguenza, si fa più fatica ad ascoltarne il respiro ed il battito vitale – quello che inagura l’album in apertura della bellissima “Hertan” in cui ritroviamo sintetizzati tutti gli elementi che rendono unica e preziosa la musica dei Nostri – spesso sommerso da un’artificialità fin troppo rumorosa.
L’orsa, un tempo rispettata, temuta, ammirata e ringraziata per la propria forza ed il costante vigilare, prendendosi cura di foreste, fiumi, montagne, pianure, e degli esseri viventi che ne popolano gli ambienti, ora risulta dimenticata, cancellata: canzoni come l’omonima title-track ne riportano invece alla luce la memoria dell’esistenza, delle strade da percorrere seguendo le sue orme, cercando dentro e fuori se stessi risposte a domande non articolabili a parole.
In un mondo sempre più sofferente e in affanno, i Wardruna continuano a mostrarci con una sensibilità non comune come la natura che ci circonda sia ancora in grado di fungere da balsamo e catarsi per lo spirito, e ce lo hanno raccontato attraverso “Lyfjaberg”, la ‘montagna guaritrice’, singolo pubblicato durante la pandemia e finalmente incluso in quest’ultima uscita.
Ecco quindi che i Wardruna utilizzano strumentazioni moderne per il field recording e strumenti nuovi costruiti con tecniche antiche per dipingere i colori bruni del manto orsuto, la muscolatura possente e indomita, la forza e la delicatezza nel prendersi cura del proprio spazio: “Jord til Ljos” emerge la figura di un animale che da sempre incute timore reverenziale, ma che invece va ‘solo’ rispettato nei suoi tempi e nei suoi spazi.
Come il precedente “Kvitravn”, dedicato al corvo bianco, anche in questo album assistiamo ad un leggero – ma azzeccato – rarefarsi della componente ‘umana’ legata a leggende o mitologie: essendo la natura protagonista, si costruiscono composizioni in cui la parte ‘immersiva’, quasi ambient, diremmo nel ‘nostro’ linguaggio, è più centrale. Se quel lavoro esprimeva una ricerca quasi ‘animistica’, qui contemplazione e immersione profonda nel pianeta su cui viviamo sembrano essere il fine ultimo portato in luce dalla musica.
Gli intrecci di voci, corni, Taglharpa, flauti, Kravik-lyre, tamburi e percussioni sono certamente prodotto di un lavoro umano, ma testimoniano ancora una volta un’armonia profonda con l’ambiente in cui i Wardruna sono immersi: non più (soltanto) quello nebbioso di storie passate, ma un presente assorto nell’ancorarsi a quell’armonia dimenticata di cui si parlava poc’anzi, che sia “Hibjørnen”, un canto solitario con solo le corde pizzicate a fare da accompagnamento, “Himinndotter” e i suoi bellissimi intrecci di voci diverse (il contrasto tra quelle femminili, tra cui spicca come sempre una Fay Hella in stato di grazia, e quelle maschili condotte da Selvik, è davvero magico), o “Skuggehesten”, il cui ritmo cadenzato richiama quelli della prima, amatissima trilogia della compagine norvegese.
Einar Selvik è, da molto tempo, il cuore pulsante di un progetto che è stato capace di parlare al cuore di moltissime persone senza che la fama derivata dalla partecipazione alla celeberrima serie “Vikings” ne snaturasse le intenzioni o ne viziasse la bontà delle composizioni: con la sodale Lindy Fay Hella, Arne Sandvoll, HC Dalgaard e Sondre Veland alle percussioni, Eilif Gundersen ai fiati, John Stenersen alla Mora-harp (tra tanti musicisti che hanno partecipato alla costruzione della musica nel corso del tempo) il musicista norvegese ha creato e continua a creare musica potente, la cui energia sprigionata durante i live è impossibile da dimenticare per chi ha avuto l’opportunità di vederli dal vivo – questo nuovo album esce in contemporanea con il loro “Live at the Acropolis” registrato appunto ad Atene, che crediamo sia una testimonianza efficace di quanto appena detto.
“Birna” è certamente impregnato di sensibilità norrena, propria dei musicisti che l’hanno creato, ma parla con un linguaggio davvero universale: è anche in questo che risiede la bellezza e la bontà di un altro album meraviglioso, da tenersi stretti al cuore. Bentornati, davvero.

TRACKLIST

  1. Hertan
  2. Birna
  3. Ljos til Jord
  4. Dvaledraumar
  5. Jord til Ljos
  6. Himinndotter
  7. Hibjørnen
  8. Skuggehesten
  9. Tretale
  10. Lyfjaberg
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