9.0
- Band: WARDRUNA
- Durata: 01:05:41
- Disponibile dal: 22/01/2021
- Etichetta:
- Sony
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Musica che parla di epoche in cui divinità ancestrali camminavano insieme agli uomini ed il battito della Natura era sincronizzato con quello del loro sangue: quello che i Wardruna intessono con le loro note è un arazzo di voci antiche, che tornano a parlare nella nostra contemporaneità con inalterato potere.
Nati dalla collaborazione tra Gaahl (ex frontman dei Gorgoroth) ed Einar Selvik (ora rimasto solo al timone), il gruppo si è sempre collocato nel crocevia tra folk ed ‘archeologia musicale’, producendo musica originale, eppure antichissima, scavando nelle proprie radici culturali per poter (ri)portare alla luce storia, melodie e tradizioni mitologiche – ricordiamo anche il progetto “Skuggsjà”, in cui Einar ed Ivar Bjornson (Enslaved) hanno celebrato il centenario della nazione norvegese in un’originale fusione di metal e folklore popolare.
Se quindi il primo trittico di album (unito dal nome “Runaljod”) si è configurato come una narrazione ‘aedica’ incentrata su particolari formazioni di rune (bindrune) e sui vari poteri/significati assunti da esse e resi in musica, mentre “Skald” ha racchiuso in sè l’intensa potenza della performance live in presa diretta (a parere di chi scrive, i Wardruna andrebbero visti dal vivo almeno una volta della vita, perchè è in questa dimensione che risiede davvero il senso completo del progetto), questo nuovo “Kvitravn” costituisce al tempo stesso una fluida continuazione ed un punto di svolta: la composizione e l’esecuzione (già attestatesi su livelli altissimi) maturano e si raffinano ulteriormente, si ampliano le stratificazioni (musicali e di significato, maggiormente tendente all’introspezione ed alla contemplazione) nascoste dietro ciascuna canzone, ma l’intento rimane sempre quello di emozionare e – crediamo – emozionarsi, dando corpo e sostanza ad una musica arcana ma ancora carica di valore comunicativo.
Cori, voci della natura e strumenti tradizionali norreni (dalla lira Kravik alla più recente Sotharpa, passando per corni di capra o i flauti) si fondono in undici, intensissime canzoni, dando vita ad un ponte in grado di congiungere mitologia e credenze animistiche con la realtà contemporanea: che si parli del potere magico attribuito da varie popolazioni agli animali bianchi – tra cui il cervo di “Kvit hjort” o il corvo che dà il titolo al lavoro (ed avatar totemico dello stesso Einar per anni), visto come messaggero, congiunzione tra il mondo della Natura e l’uomo ed araldo divino, o della trama imperscrutabile di destini e fili dietro cui si nascondono le Norne di “Andvevarljod”, la musica dei Wardruna è in grado di evocare molto più che mere suggestioni o sbiadite leggende, trasportandoci direttamente negli orizzonti primevi di una Terra più giovane (“Viseveiding”, che con i propri ritmi convulsi richiama la frenesia quasi religiosa della caccia) e mantenendo intatto il potere quasi taumaturgico nascosto nelle note. Crediamo sia difficile rimanere impassibili ascoltando la voce adamantina di Lindy-Fay Hella, spalla destra del polistrumentista norvegese in grado di elevare, con i propri vocalizzi, le composizioni per intensità e trasporto, intrecciarsi con quella di Kirsten Bråten Berg (tra le più acclamate custodi della tradizione musicale norvegese); impensabile non avere un po’ di pelle d’oca ascoltando le modulazioni tonali dei possenti fiati, o ancora perdendosi nelle ossessioni percussive di “Fylgjutal” o “Skugge”, su cui la voce dello stesso Einar fa da contraltare, ora ipogea (“Grà”) ed ora imperiosa e squillante, proprio come immaginiamo dovesse essere quella di un aedo di altri millenni.
Musica senza età, nata in una terra intrisa di malinconia e temprata dal freddo, suonata con un trasporto rituale che ha davvero pochi eguali ed in grado di arrivare al cuore di chiunque, infondendo la capacità di sentire davvero la magia di spazi aperti, saghe sepolte dalle pieghe del tempo e quel battito, mai sopito, di una natura pulsante di indomita vitalità.