9.0
- Band: WARRIOR
- Durata: 00:37:56
- Disponibile dal: 12/03/1985
- Etichetta:
- MCA Records
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E’ un fatto appurato che negli anni Ottanta sia stata pubblicata un’enorme quantità di dischi dalla qualità altissima e seminali per quanto riguarda hard rock, heavy e thrash metal. La scena statunitense, che ha raccolto a braccia aperte le sonorità che cominciavano a brillare nella lontana (ma non troppo) Inghilterra, ha dato vita a quel sottogenere che comunemente ora chiamiamo US-metal. Fifth Angel, Savatage, Vicious Rumors, Metal Church, Jag Panzer ma anche Queenryche e tanti altri hanno dettato legge con dei lavori che ancora oggi riteniamo abbiano costruito le fondamenta di questo sound. Molto più in ombra, ma certamente con una pubblicazione in grado di sfidare senza remore tutte le band sopracitate, nella San Diego del 1982, inizialmente sotto il nome di Fury, iniziava la carriera degli Warrior.
Non troppa fantasia nella scelta del monicker – parliamo comunque di altri tempi, e la parola ‘warrior’ non era così inflazionata come oggi – ma tanta passione e carica per iniziare a scrivere nuova musica. I chitarristi Joe Floyd e Tommy Asakawa trovano ottimi compagni di avventura nel cantante Parramore McCarthy, nel bassista Rick Bennett e nel batterista Liam Jason (alcuni di loro già collaboravano insieme in band quali Phenomenon e Secret Service, che poi diventarono gli Aircraft) e allora tutto è pronto per trasferirsi nella più gettonata Los Angeles, capitale del music business, per registrare un demo di tre pezzi che nel 1984 attira subito le attenzioni dei discografici. Al suo interno compariva già il brano che avrebbe poi dato il titolo al successivo full-length, ovvero “Fighting For The Earth”, autentico anthem che inizia a girare subito nelle varie radio locali.
Le etichette MCA Records negli Stati Uniti e Ten Records, label appartenente alla Virgin Records in Europa, si tuffano sulla band e finanziano la registrazione del loro primo disco, affidando il lavoro al produttore Doug Rider ai Cherokee Studios e Sunset Sound a Los Angeles. Il disco però non ebbe il successo sperato, limitandosi a diventare un lavoro cult per gli appassionati del genere e dell’underground. Ciò non è facile da capire, visto che tutto sembra girare alla perfezione durante l’ascolto di questo esordio che trova un ottimo punto di incontro tra potenza, melodia ed un tocco di personalità, ma le dinamiche del tempo erano ben diverse tra supporto delle etichette, distribuzione, passaggi nelle radio e via dicendo, e forse era più importante avere un singolo dal forte impatto radiofonico piuttosto che un disco complessivamente inattaccabile. Da segnalare inoltre che la band, aiutata dall’artista e amico Robert Preston, che aveva disegnato i costumi per “Star Trek II: L’ira di Khan”, opta per un impatto visivo (ma anche musicale, e lo si può sentire da qualche intuizione sonora presente nel disco) futuristico, notabile anche dal video realizzato per la title-track.
La forza di questo debutto sta nel fatto che ancora oggi – a quasi quarant’anni di distanza – riesce a suonare attuale come succede per alcuni grandi dischi di quegli anni. Merito di un lavoro eccelso in fase di produzione, ma anche di un songwriting ispirato e maturo. La title-track che apre le danze è un autentico inno heavy metal, un mid-tempo quadrato che riesce ad esaltare spinto da riff di chitarra granitici e dal drumming esaltante di Liam Jason. La successiva “Only The Strong Survive” mette in mostra tutta la capacità del quintetto californiano nel creare brani accattivanti, ricchi di energia ma non banali; ottime infatti le variazioni durante la fase centrale con il basso di Rick Bennett che si erge a protagonista prima di lasciar spazio agli stacchetti di chitarra. Nel frattempo, McCarthy al microfono può salire su note alte ed esplodere con enorme vigore. Le tastiere si fanno sentire in alcuni passaggi durante la più selvaggia “Ruler”, pezzo che mostra il lato USA con sonorità care a Ratt e Motley Crue. Dopo la compatta e diretta “Mind Over Matter” ci pensa il favoloso anthem “Defenders Of Creation” a colpire con echi di Judas Priest ed atmosfere futuristiche che si propagano fino al possente ed avveniristico refrain, mentre il brano va a concludersi in maniera magistrale sulle note fumanti delle due chitarre e degli acuti terremotanti eseguiti da mister Parramore McCarthy. Le atmosfere epiche di “Cold Fire” si aprono su arpeggi sognanti e continuano con ispirate armonie di chitarra che accompagnano l’ascolto fino alla conclusiva “Welcome Aboard”, canzone dinamica e dai ritmi controllati che si muove anch’essa a cavallo tra heavy metal ed hard rock; bel brano patinato capace di mettere in mostra l’attitudine raffinata dei Nostri anche se forse (unico neo) non ci sarebbe dispiaciuto un finale più roboante.
I Warrior viaggiarono in Inghilterra per una breve parentesi live, ma non riuscirono mai a sfondare in Europa, mentre in casa le date, anche a supporto agli Iron Maiden, non bastarono a lanciarli nell’Olimpo del metal. Successivamente, dissapori interni (con voci che dichiararono che Floyd non era avvezzo a suonare dal vivo) e problemi con la casa discografica che finì col far mancare il proprio supporto, portarono allo scioglimento della band.
Jason e Bennett formarono un loro gruppo, i The Weekenders, Parramore McCarty entrò brevemente nei Rough Cutt, mentre Floyd diventò un rinomato produttore e lavorò con artisti come Bruce Dickinson, Halford, Ratt, Riot, Malice, Helstar e molti altri. Gli Warrior ci riprovano negli anni Novanta e pubblicheranno altri tre dischi tra il 1998 ed il 2004 ma con limitato successo prima di sparire ancora una volta. Quel che rimane è “Fighting For The Earth”: un lavoro emblematico per quegli anni, un disco da tramandare di generazione in generazione.