6.0
- Band: WARRIOR SOUL
- Durata: 00:34:14
- Disponibile dal: 04/03/2022
- Etichetta:
- Cargo Records
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C’erano una volta dei rocker bastardi con un sopraffino gusto per l’epica stradaiola, per un misticismo frutto dell’esperienza personale, del proprio vissuto. C’era una volta un grande cantante dalla voce roca e potente, istrionico e melodrammatico (a volte), irrequieto e genialoide. C’erano soprattutto canzoni divenute dei classici underground, incrociando melodie solenni, drammaticità, potenza e una carica rabbiosa che solo chi sta ai margini può possedere. I tempi di “Last Decade Dead Century”, “Drugs, God & the New Republic” e “Salutations From The Ghetto Nation”, gli album giustamente più noti e celebrati dei Warrior Soul, sono lontanissimi e già da molto tempo la stella del suo cantore Kory Clarke è andata eclissandosi. Degli album recenti, in una carriera che almeno quanto a numerosità di uscite non si è arrestata, anche se è vissuta in pratica sulla sola spinta (barcollante) di Clarke, solo in pochi hanno memoria; più facile si sia letto o sentito delle bizze del singer, che non ha dato esattamente prova di controllo dell’umore e del suo istinto nelle ultime apparizioni live. Insomma, tra prove soliste, l’estemporanea esperienza Space Age Playboys, un breve periodo come voce principale dei doomster Trouble e la riesumazione del moniker Warrior Soul, non è che il buon Kory abbia raccolto molta gloria. Nonostante un indubbio ‘sbattimento’ su più fronti.
“Out On Bail” arriva quindi inatteso e ben poco strombazzato e porta con sé una verità ineludibile: l’attuale voce di Kory è un disastro. Va bene non aspettarsi i vertici dei primi tre dischi sopracitati, ma l’invecchiamento nel suo caso è stato alimentato da una condotta scriteriata, da un massacro autoinflitto che ne ha devastato irrimediabilmente le corde vocali. Al limite dell’afono, Clarke in “Out On Bail” esprime prima di ogni altra cosa un’angosciante fatica, sembrando un artista che non si accorga di come è ridotta oggi la sua voce e si ostini a cantare su pezzi che francamente non può reggere. Lo fa, paradossalmente, all’interno di un album che, se avesse una condotta vocale appena accettabile, mostrerebbe pure un songwriting dignitoso e un brio, questo sì, un poco inatteso. Non è infatti la voglia di hard rock ad essersi placata nei Warrior Soul, soffermandoci su chitarre e sezione ritmica qualche barlume degli antichi fulgori lo si può ancora intuire, per quanto sia fievole la carica teatrale, quello strano alone mistico prima riconducibile al gruppo.
L’hard rock odierno dei Warrior Soul si reggerebbe dignitosamente su un chitarrismo ribaldo e pungente, bilanciato tra rolleggiamenti groovy e una pesantezza apprezzabile, mitigata da armonie chitarristiche intriganti e non semplicemente frutto del mestiere. L’indole punk dei tempi andati riemerge con un apprezzabile piglio, purtroppo demoralizzata dal gracchiare di Clarke. Se si provasse a distogliere l’attenzione da queste sue linee fiacche e di poco mordente, ci si potrebbe facilmente far traghettare in movimentate atmosfere anni ’90, a partire dall’adrenalinica opener “We’re Alive”, che tiene alto il nome e la fama dei Warrior Soul. Il mix, disgraziatamente, pende a favore della mediocre voce di Clarke, tenendo sottotraccia le chitarre, difetto ancor più evidente quando i ritmi si allentano e servirebbe un minimo di interpretazione da parte del cantante. Meglio allora prestare orecchio a qualche attacco vecchia scuola, come quello di “Hip Hip Hurray”, con addosso una discreta percentuale della carica dei primi dischi. La tracklist rimane in bilico tra leggerezza e impegno, dando il suo meglio quando l’energia delle origini si scatena fragorosa e senza troppi indugi (“Cancelled Culture”), mentre all’illanguidirsi delle trame la mordacità dell’insieme si perde abbastanza. Il songwriting, in poche parole, sarebbe pure apprezzabile, è chi dovrebbe far da traino e guida, ovvero Clarke, a risultare tremendamente deficitario. Sufficienza stiracchiata per i vecchi Warrior Soul, copia sbiadita di quello che sono stati un tempo.