8.0
- Band: WATAIN
- Durata: 00:49:22
- Disponibile dal: 29/04/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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“Trident Wolf Eclipse”, pur facendosi apprezzare per la sua indole teppista imbevuta di richiami al metal estremo degli anni Ottanta, dai Sarcófago ai Destruction, non ha lasciato il segno che fino a quel momento aveva accompagnato ogni capitolo dell’epopea Watain, venendo a distanza di qualche anno adombrato dall’entusiasmo e dalla brama racchiusi nelle opere di band più giovani e affamate, vedasi i conterranei Ultra Silvam.
Era dunque tanta l’attesa che circondava questa settimana fatica sulla lunga distanza, vuoi per l’accordo siglato con Nuclear Blast, vuoi per la reverenza che un nome del genere suscita ad ogni sua mossa, vuoi appunto per il desiderio di sapere dove i Nostri sarebbero andati a parare dopo un disco ‘di transizione’ come quello del 2018. La risposta, introdotta dall’altisonante titolo “The Agony & Ecstasy of Watain”, coincide con il contenuto di un album che ha l’aria di essere stato scritto e registrato senza troppi calcoli, senza troppe riflessioni sul mood stilistico da abbracciare, secondo una varietà e una spontaneità che finiscono subito per diventare i primi grandi pregi del suddetto comeback.
Se con “The Wild Hunt” il gruppo svedese aveva voluto esplorare il suo lato più melodico e crepuscolare, mentre con “Trident…” quello più selvaggio e disadorno, “The Agony…” ci mostra l’ormai ex terzetto di Uppsala – compattatosi anche in studio intorno alla formazione che da tempo si esibisce live – seguire in modo libero e pugnace il proprio istinto, in un saliscendi emotivo che per certi versi ricorda quello del monumentale “Lawless Darkness”. Oggi, senza raggiungere quello sfarzo e quell’attitudine simil-progressiva, i Watain ci guidano attraverso un percorso di fuoco e sangue che sa essere sia violento e pestilenziale (a tal proposito, un episodio come l’opener “Ecstasies in Night Infinite” parla chiaro), sia mutevole e stratificato (l’ottimo singolo “The Howling”), sia eroico e viscerale (“Before the Cataclysm”), lasciando poi a sfumature cromatiche come quelle di “We Remain”, in cui riaffiorano le voci pulite e i toni controllati uditi nelle vecchie “They Rode On” e “The Wild Hunt” (la canzone), il compito di arricchire ulteriormente la tavolozza.
Un bignami che è anche la riaffermazione un’estetica affinata in quasi un quarto di secolo di carriera, oltre che di un’idea precisissima su cosa siano l’Arte, il black metal, e su come questi due elementi siano del tutto inscindibili, quando interpretati con tanto ardore e cura per il contenuto. Il tocco – in definitiva – è inconfondibile, la freschezza negli arrangiamenti e nello sviluppo dei brani pienamente all’altezza della nomea del monicker, per una cinquantina di minuti di musica in grado di avvolgere, stordire e infine, in un susseguirsi di rintocchi e stridii diabolici, imporsi nell’annata estrema rilanciando nel migliore dei modi le quotazioni dei suoi autori. Davvero un bel ritorno.