
7.5
- Band: WATAIN
- Durata: 00:34:46
- Disponibile dal: 05/01/2018
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
Spotify:
Apple Music:
Se “The Wild Hunt” aveva fatto gridare allo scandalo diversi fan di lunga data dei Watain, complice un sound arioso e melodico che si addentrava in territori fino a quel momento inesplorati (basti pensare alla splendida ballad “They Rode On”), questo “Trident Wolf Eclipse” fungerà probabilmente da calumet della pace per la riconciliazione con i supporter più tradizionalisti e poco inclini agli ammorbidimenti. Un disco per certi versi spiazzante, che si muove nella direzione opposta al suo fortunato predecessore senza per questo rinnegare la proverbiale ricerca sonora della band di Uppsala, la quale continua a trattare la materia black metal con lo spirito libero di chi si è ormai lasciato alle spalle vincoli e limitazioni stilistiche. Otto brani per trentacinque minuti scarsi di musica (una sorta di record per i Nostri) in cui a prevalere è un estremismo disadorno, smagliato, dalla fortissima vena thrashaggiante e che mira sempre alla gola dell’ascoltatore, nell’ottica di un’aggressione palpitante e sanguigna. Non vi è spazio per voci pulite, né tanto meno per lunghe e profonde sezioni strumentali: nel 2018, Erik Danielsson e soci giocano di sottrazione per imbastire una tracklist diretta e sguaiata, che a conti fatti guarda più ai Destruction o a certe realtà sudamericane di fine anni ’80 che ai Dissection di “Storm of the Light’s Bane”, tra assoli fischianti, un riffing dal sapore pungente e ritmiche che sfociano spesso nella pura blasfemia. Nascono così episodi del calibro di “Nuclear Alchemy”, “Furor Diabolicus” e “Ultra (Pandemoniac)”, esplicativi già a partire dai titoli e sicura fonte di sollievo per coloro che nel 2013 videro “The Wild Hunt” come un affronto, al cui fianco trovano poi spazio una serie di colpi di scena ugualmente luciferini e coerenti all’ideologia dell’opera. Parliamo del guitar work simil-orchestrale di “Teufelsreich”, del respiro controllato di “A Throne Below” o delle melodie brucianti di “Towards the Sanctuary” (forse l’episodio principe dell’album), ennesima riprova dell’elasticità in sede di songwriting del gruppo svedese che, anche in questa veste teppista, non manca mai di distinguersi per ingegno e passionalità. Il nuovo anno si apre ufficialmente fra le tenebre.