7.0
- Band: WHATTAFUCK!?
- Durata: 01:18:52
- Disponibile dal: 02/10/2020
- Etichetta:
- B District Music
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“Volevo Solo Suonare”: il titolo dell’album sintetizza come meglio non potrebbe la storia e la passione di questa band salentina, un modo sarcastico di esorcizzare le situazione negative. Nati nel 2010, i Whattafuck!? si fanno da subito notare per i loro infuocati live, uscendo presto dai confini della Puglia per proporre la loro musica sui palchi della nostra penisola, fino al primo passo discografico del 2014 con l’EP “Who Framed Mr. Jinx!?”. Passati sei anni e superate diverse vicissitudini, arriviamo ai giorni nostri: il loro ritorno ci propone una miscela sonora ricca e speziata, un crossover che ci riporta direttamente agli anni d’oro del genere ma, grazie alla varietà di colori, non suona affatto datato o fuori tempo massimo, anzi si fa apprezzare per energia e genuinità, in una versione ‘adulta’ del loro comunque apprezzabile esordio. Quindici pezzi per quasi ottanta minuti di musica che, senza la pretesa di inventare niente di nuovo, danno l’impressione chiara e netta di avere ciascuno una propria identità ben definita: le basi sono sicuramente quelle che hanno portato il cosiddetto nu-metal alla ribalta, ossia hip-hop e rock (spesso vicino al metal), con l’ago della bilancia spesso spostato verso quest’ultimo, ma non si sentono solo echi di Limp Bizkit e Linkin Park. Certo, elettronica, scratch e campionamenti sono presenti ovunque, ma i riff sono sempre energici e le atmosfere coinvolgenti: un esempio potrebbe essere “M.O.A.B.”, un’invettiva degna dei migliori Linea 77, che ci dimostra come i nostri sappiano essere divertenti e scanzonati ma anche agguerriti e pungenti. In “#SUPERMEGAFUNKYSLEAM”, introdotta da un attacco alla Rage Against The Machine, l’underground made in Italy viene apertamente menzionato nel testo, e la citazione non sembra essere casuale, non solo perché i pezzi sono in parte nella nostra lingua (la parte restante è in inglese); il legame con alcuni suoni anni ’90 della nostra musica alternativa, infatti, sembrano saldi: oltre alle influenze del nostro hip-hop, ascoltando le digressioni tendenti al reggae sparse qua e là, è impossibile non pensare ai Casino Royale. Altro momento rimarchevole dell’album è “[N3v3Я_L34ЯN] RMX”, una nenia dopata in odore di Cypress Hill. La hardcoreggiante “Mr. Jinx”, invece, sembra essere l’urlo di battaglia dei pugliesi: personaggio ricorrente nel loro immaginario, il signor Jinx è “entità malvagia che concentra in sé tutte le energie negative dell’universo“, simbolo degli eventi che spesso hanno impedito al quartetto di esprimere il suo bisogno primario e che, speriamo, con questo nuovo disco sarà definitivamente sconfitto.