7.5
- Band: WHEEL (FI)
- Durata: 00:51:32
- Disponibile dal: 26/03/2021
- Etichetta:
- Odyssey Music Network
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La colonna sonora di un anno da dimenticare, così potrebbe essere definito “Resident Human”, secondo album degli Wheel: la band finlandese, infatti, si è cimentata nell’ardua impresa del mettere in musica il terribile 2020, funestato dalla pandemia ma non solo. Il gruppo, con sede ad Helsinki anche se alcuni componenti sono britannici, si forma nel 2015 ed ha all’attivo due EP e, soprattutto, il debutto “Moving Backwards” del 2019, con cui inizia inizia a far parlare di sé la critica ed il pubblico più attento. Dopo aver suonato con formazioni del calibro dei Soen, i quattro avrebbero dovuto intraprendere il primo tour da headliner nel febbraio del 2020, ma sappiamo tutti ciò che è successo nel mondo; contemporaneamente, anche il processo di composizione e registrazione di “Resident Human”, che era nella fase iniziale, fu bloccato e posticipato di qualche mese, un po’ per la situazione contingente e un po’ per qualche cambio di formazione. Ebbene, secondo il cantante James Lascelles, questi intoppi, dilatando la fase di composizione, hanno consentito di completare le parti strumentali con i testi migliori che gli Wheel abbiano mai scritto. A combinarsi con queste tematiche oscure, un prog che sicuramente è debitore di band quali i già citati Soen, gli ultimi Katatonia e i Tool: il punto di riferimento a livello vocale è Maynard James Keenan senza ombra di dubbio, con i suoi toni evocativi ed il giusto dosaggio di emotività e potenza; i riff di chitarra sono spigolosi e operano frequenti cambi di tempo; le linee di basso e batteria sono sempre complesse, con il primo in particolare evidenza e spesso a dettare i ritmi. Le influenze sono certamente ancora fin troppo evidenti ed il principale difetto che si può imputare all’album è quello di essere derivativo ma, rispetto all’esordio, si sente che la band sta cercando una via personale alla composizione dei pezzi, i cui risultati potrebbero essere più evidenti in un prossimo futuro. L’album prende il via con la lunga ed articolata “Dissipating”, un brano che alterna momenti pacati ad altri più dinamici, mantenendo però per tutta la sua estensione un’atmosfera fortemente darkeggiante. “Movement” è un’amara riflessione sull’uccisione di George Floyd (ed in generale sul movimento Black Lives Matter) ed è caratterizzata da un riffing deciso e da una batteria in un certo senso tribale, che vanno a suggellare un pezzo che potrebbe essere definito come una versione più immediata dei Tool. “Hyperion”, posta esattamente a metà album, sembra esserne anche l’apice emozionale: oltre dodici minuti di chitarre ipnotiche e grondanti groove, mentre Lascelles declama versi riguardanti il rapporto dell’uomo con la mortalità e con la morte stessa, ispirati dalla serie di romanzi di fantascienza “I Canti Di Hyperion” di Dan Simmons. Rispetto al suo predecessore, “Resident Human” è un’opera più matura e curata, un grosso passo avanti soprattutto sotto l’aspetto della scrittura, pur mantenendo sostanzialmente inalterate le coordinate entro le quali si muoveva “Moving Backwards”; se il quartetto proseguirà il proprio processo di evoluzione emancipandosi almeno in parte dalle influenze degli ingombranti numi tutelari e trovando una strada ancor più alternativa, potrà di certo ambire ad una posizione di tutto rispetto nell’affollato panorama progressive metal odierno.