8.0
- Band: WHILE SHE SLEEPS
- Durata: 00:51:20
- Disponibile dal: 21/04/2017
- Etichetta:
- Arising Empire
- Distributore: Warner Bros
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Se nella seconda metà degli anni ’00 la scena metalcore inglese – grazie agli allora emergenti Bring Me The Horizon, Bullet For My Valentine, Enter Shikari ed Architects – era in grado di contrastare lo strapotere d’oltreoceano, negli ultimi dieci anni, per una serie di eventi più o meno fortunati, la terra d’Albione è sprofondata nel ranking, lasciando tra i veterani i soli Asking Alexandria come vasi di coccio tra i vasi di ferro delle ex-colonie americane ed australiane, senza dimenticare la sempre attiva panzer division tedesca. In questo contesto, a salvare l’onore di sua Maestà insieme ai Bury Tomorrow, ci sono i While She Sleeps, salutati come ‘next big thing’ nel 2012 grazie all’ottimo debutto “This Is The Six”, salvo poi subire una brusca battuta d’arresto tra l’assenza forzata del singer Loz Taylor (operato alle corde vocali nel 2014) ed un comeback meno immediato come “Brainwashed”. Trainati dall’appoggio incondizionato dei propri fan – che hanno interamente finanziato questa nuova release, non a caso intitolata “You Are We” -, gli Sleeps tornano ora sotto l’egida della neonata Arising Empire (succursale della Nuclear Blast) con quello che si preannuncia come l’album della definitiva consacrazione, prendendo il meglio dei due lavori precedenti ed aggiungendo qualche elemento di novità. Dall’anthemica title-track posta in apertura, con la perfetta simbiosi tra lo scream del singer titolare e le efficaci clean vocals del chitarrista Mat Welsh, alla tempesta perfetta della conclusiva “In Another Now”, ideale trait d’union tra gli AILD che fuorno e i Wovenwar che dovrebbero essere, i cinquantuno minuti (non pochi, per undici tracce) scivolano veloci e goduriosi come la prima volta, facendo venire voglia di ricominciare subito da capo. Nel mezzo infatti, nel solo Lato A, troviamo contaminazioni nu-metal ben più azzeccate dei Suicide Silence (“Steal The Sun”), riff boombastici sulla scia dei BMTH di metà carriera (“Wide Awake”), mid-tempo da cantare a squarciagola come solo i migliori Parkway Drive (“Empire Of Silence”), cambi umorali da fare invidia agli A Day To Remember più maturi (“Wide Awake”), e l’immancabile singolone spacca-classifiche (“Silence Spears”), con l’ideale passaggio di testimone di Oli Sykes. Aggiungiamoci un lato B con l’alternanza tra pezzi più rockeggianti (“Settle Down Society”, “Hurricane”) ed altri più ‘pestoni ma con classe’ (“Revolt”, “Civil Isolation”), ed ecco completata la disanima di un album probabilmente destinato – grazie anche ai testi non banali, ulteriore sintomo di una maturità compositiva – a diventare un classico tra le nuove generazioni.