7.0
- Band: WHISKEY RITUAL
- Durata: 00:37:02
- Disponibile dal: 09/12/2022
- Etichetta:
- Folter Records
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Altro giro, altro regalo, come direbbero gli imbonitori delle giostre, e del resto cosa sono i Whiskey Ritual se non la versione distorta, (ancora più) marcia, cafona e alcolizzata degli zingari tatuati che vi passano un fucile per sparare alle paperelle, e magari della droga sotto banco?
È un luna park a tinte nere il mondo di questi cinque, scorretti animali, e non vi aspettate che la nuova formazione allargata – già testata parecchio in sede live – offra scampoli di improvvisa classe e tecnica su disco; si tratta sempre di assalti sonori che attraversano il black metal più quadrato, black’n’roll e punk più becero, quando non addirittura intermezzi ritmati dalle parti dell’oi!. Il tutto declinato con il solito mix di riff al fulmicotone, ritmiche serrate e voce sguaiata e dissacrante, con anzi il raddoppio delle chitarre ad estremizzare ulteriormente l’impatto. Le canzoni, come da prassi, si susseguono senza un attimo di respiro, offrendo tutte le varianti del caso: brani veloci con bridge o ritornelli che si fissano subito in testa, o brani velocissimi che ti prendono a pugni in faccia. Prendere o lasciare. E ovviamente, a corollario, il consueto campionario di testi politicamente scorretti, tra puttane, droghe e fratellanze di strada più o meno pronte a finire per una parola sbagliata o a rinsaldarsi ad abbracci dopo aver vomitato assieme.
Al traguardo del quinto full-length per la band di Parma manca, tutt’al più, l’elemento sorpresa, o possono ridursi un po’ i sorrisi che nascono dal loro immaginario sempre sull’orlo tra goliardia e serio odio per la vita e il genere umano; ma è dura non aver voglia di pogare sulle note di brani incalzanti come “Trve Escort” (e chissà se quella “v” trova più radici in Norvegia o in altre, note grafie, a proposito di scorrettezza…) o “Jetlag”, e comunque sbattere la testa per la restante mezz’ora di ignoranza.