7.5
- Band: WHITE SPIRIT
- Durata: 00:40:06
- Disponibile dal: 29/07/2022
- Etichetta:
- Conquest Music Group
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“Right Or Wrong” non è un album qualsiasi e ha una lunga storia alle spalle, che merita di essere raccontata. I White Spirit avevano pubblicato un bellissimo album nel 1980, in piena NWOBHM, con una formazione che ricomprendeva, tra gli altri, un giovane Janick Gers (futuro chitarrista degli Iron Maiden) nonchè, fatto alquanto insolito, un tastierista in pianta stabile, Malcolm Pearson. Di lì a poco, tuttavia, la band cominciò a perdere pezzi (lo stesso Gers venne ingaggiato da Ian Gillan) e la line-up si rinnovò per tre quinti: tra i nuovi membri fecero ingresso nel gruppo Mick Tucker come nuovo chitarrista e Brian Howe alla voce. La band cominciò a lavorare ad un nuovo album, ma questo per vari motivi non venne mai pubblicato e il gruppo si sciolse. Nel 2020 Howe (che dopo la breve esperienza con i White Spirit aveva avuto una bella carriera con Ted Nugent e poi con i Bad Company) scomparve per un infarto e, anche a causa di quest’infausto evento, Pearson e Tucker tornarono a parlare di quelle canzoni, di cui però non si sapeva dove fossero i nastri. Il caso volle però che Pearson riuscisse dopo un po’ di tempo a trovarli in un vecchio mobile abbandonato in garage, e l’idea di rispolverare quelle canzoni cominciò a concretizzarsi. Purtroppo, la qualità dei nastri non era sempre ottimale e non potendo recuperare la voce di Howe in quattro canzoni, si è scelto di farle ricantare a degli ospiti, che nello specifico sono Jeff Scotto Soto e Lee Small (Lionheart); anche a livello strumentale, Pearson e Tucker hanno risuonato le loro parti, mentre per la sezione ritmica sono stati coinvolti addirittura Neil Murray al basso e Russell Gilbrook (Uriah Heep) alla batteria. Un ulteriore ospite è lo straordinario Steve Overland, che come tributo a Howe canta “Holy Water”, una canzone appunto dei Bad Company, titletrack dell’omonimo album del 1990, dove c’era alla voce il cantante scomparso.
Il risultato è che queste canzoni sono state pubblicate addirittura quarantuno anni dopo essere state concepite, e sinceramente non abbiamo presente altri casi di una gestazione così lunga per un album. In pratica stiamo parlando di musica proveniente direttamente dalla NWOBHM, che si è materializzata ai giorni nostri, in un’operazione di ritrovamento e riscoperta simile a quella di un reperto archeologico. Certo, i brani sono stati in qualche modo rivisitati e riarrangiati, ma in molti passaggi sembra poter respirare ancora con una certa freschezza l’atmosfera di quel periodo. Difficile anche dire quale sarebbe stata la direzione che avrebbe preso la band con questo disco: “Wait A Little Longer” o lil brano che dà il nome al disco sono forse le canzoni un po’ più vicine al loro album di debutto, mentre gli altri brani sembravano comunque tendere verso un heavy più compatto e raffinato. Fanno eccezione, tuttavia, alcune canzoni di registro decisamente diverso, come “Rock And Roll (Is Good For You)”, sicuramente più rock, come anche il titolo lascia intuire, o “Runaway”, un brano praticamente quasi pop. Ottimo Jeff Scott Soto nelle due canzoni a lui affidate, ovvero la titletrack e “Better Watch Out”, ma tutto il full-length è molto valido, con belle canzoni, tra cui menzioniamo anche “Don’t Say No”, “Gotta Get Out” e l’accattivante “Lady Of The Night”. Peraltro, a dirla tutta, per quanto si tratti di un heavy molto classico, il fatto che l’album sia stato quasi interamente riarrangiato e reinterpretato, lo rende comunque un disco attuale e non una semplice operazione nostalgica, peraltro con un ottimo mixaggio curato da Pontus Norgren (Hammerfall), che suona pure qualche assolo.
Non sapremo mai dove sarebbero arrivati i White Spirit se non si fossero sciolti, ma era giusto concludere finalmente ciò che era stato iniziato, benchè il destino sembrasse avere ormai deciso in maniera diversa.