7.5
- Band: WIEGEDOOD
- Durata: 00:44:33
- Disponibile dal: 14/01/2021
- Etichetta:
- Century Media Records
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I Wiegedood sono – per chi se li fosse persi – un terzetto belga che fa parte della cosiddetta ‘Church Of Ra’, un collettivo di artisti legati all’ambiente sludge/doom, hardcore e post-black metal. Infatti, i tre musicisti sono membri di Oathbreaker (effettivi e live session) ed ex Amenra. Rispetto ai precedenti e già affermati progetti, con i Wiegedood il team Coppers, Demolder e Seynaeve ha deciso di lasciare (quasi del tutto) da parte la sperimentazione e le contaminazioni, in favore di un taglio più classicamente black metal. A precedere il nuovissimo nato, una trilogia dal titolo “De Doden Hebben Het Goed”, interamente dedicata alla scomparsa di un caro amico, che la band ha inteso così omaggiare: tre dischi ben scritti e chiaramente ‘trigemini’, anche se usciti nell’arco di quattro anni. Black metal abrasivo e veloce, con reminiscenze norvegesi, uno stile di scrittura moderno e aperture melodiche interessanti, questa – in estrema sintesi – la ricetta alla quale i belgi ci avevano abituato.
L’impatto con l’opener “FN SCAR 16” è in un primo tempo quasi straniante e la domanda sorge immediata: i Wiegedood sono sempre stati così violenti? Siamo andati a riascoltare gli album precedenti, e la risposta è no, il tasso di aggressività di questo nuovo lavoro è decisamente più elevato che in passato. Le note biografiche ci sono in questo senso d’aiuto: conclusasi con “De Doden Hebben Het Goed III” l’espiazione del grave lutto che ha colpito i ragazzi, era precisa volontà della band esplorare strade diverse e dare spazio ad sentimenti più oscuri, “l’ideale colonna sonora di un film che racconta gli aspetti più ripugnanti della natura umana e della società, oltre che la lotta interiore che ci causa il tentativo andare oltre il fatto che ognuno è fatto del medesimo sudiciume”. Emozioni decisamente forti, già evidenziate a livello visivo dal video che ha accompagnato l’uscita del brano – tra i singoli apripista – talmente disturbante da essere sconsigliato a chi soffre di epilessia fotovisiva.
Si prosegue su binari molto simili con la forsennata “Noblesse “Oblige Richesse Oblige”, mentre altri episodi risultano leggermente meno ‘in your face’, per quanto estremamente cupi: in “And In Old Salamano’s Room, The Dog Whimpered Softly”, che ha una struttura più melodica, sentiamo un uomo implorare o confessare (in lingua olandese) mentre “Until It Is Not” recupera qualcosa del gusto melodico e per certi versi epico dei lavori precedenti. Ma è proseguendo nell’ascolto che troviamo delle autentiche sorprese (considerate le premesse): con “Now Will Always Be” siamo con tutte e due le scarpe in ambito ritualistico, black metal ipnotico e ripetitivo con tocchi acustici e un’intro distorta che tanto deve alla scena sludge. Apprezziamo il bel lavoro del basso e le linee di chitarra, oltre alla voce pulita, bassa e monotono, che fa da contraltare allo screaming alto e abrasivo che regna incontrastato su tutto il disco (e che risulta abbastanza monocorde), mentre la successiva “Wade” è una breve ‘pausa’ strumentale semiacustica, scarna e dissonante nella sua estrema semplicità. Citiamo ancora “Theft And Begging”, la quale accanto alla violenza che attraversa come un filo rosso tutto il disco mette un giro melodico che sa tanto di Scandinavia anni ‘90, e la conclusiva “Carousel”, che concentra in sé un po’ tutti gli elementi che caratterizzano il nuovo corso dei Wiegedood, che guarda non poco a certo industrial black metal di fine anni ‘90/primi anni 2000 e a band ‘ibride’ e violentissime come gli inglesi Anaal Nathrakh.
Apprezziamo molto la volontà di rompere uno schema e provare una strada non scontata, per questo, nonostante i limiti derivanti da una formula di scrittura che a volte finisce per somigliarsi parecchio, autocitandosi (vedi “Nuages”) crediamo che le buone idee presenti valgano sicuramente un ascolto.