WITCHCRAFT – Witchcraft

Pubblicato il 01/06/2019 da
voto
9.5
  • Band: WITCHCRAFT
  • Durata: 00:40:58
  • Disponibile dal: 06/07/2004
  • Etichetta:
  • Rise Above Records
  • Distributore: Audioglobe

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L’omonimo debutto dei ragazzi svedesi arriva come un fulmine a ciel sereno, anticipando di qualche anno l’ondata 70’s oriented di doom e psychedelic rock che ha colpito poi il palcoscenico hard’n’heavy mondiale; un vero boom, per una scena che com’era prevedibile si è saturata abbastanza in fretta, regalando comunque alcuni capolavori. L’anno 2004 segna anche il ritorno dei Pentagram con “Show ‘Em How”, che raccoglie nuove e più potenti versioni di vecchi classici e una manciata di nuovi brani. Perché ne parliamo? Perché la band di Bobby Liebling è senza ombra di dubbio la più grande ed immediata fonte di ispirazione dei Witchcraft (che inizialmente avevano come unico obiettivo proprio la registrazione di una cover dei Pentagram). I quattro ragazzi di Örebro sono fan dell’incarnazione originaria della band americana – quella che in pratica ci ha mostrato come sarebbe stato se i Rolling Stones avessero iniziato a suonare doom – e continuano lungo questo sentiero maledetto in modo estremamente personale.
“Witchcraft” è il debutto perfetto, quaranta minuti che scorrono via in un baleno perché ogni nota è al suo posto, senza sbavature né riempitivi, nessuno spazio morto nel quale annoiarsi o distrarsi. Non sappiamo quanto si tratti di un lavoro ragionato e rifinito, ma l’impressione è quella di un disco spontaneo, una specie di flusso di coscienza in chiave doom rock registrato nello scantinato. A Magnus Pelander e compagni non servono sovrastrutture, né musicali né di immagine: niente caproni, ragazze semi-svestite, simboli magici e tutto l’armamentario di cui si serviranno altri, spesso per tentare di creare interesse laddove non vi sarebbe motivo di averne. In copertina il magnifico Merlino di Aubrey Beardsley e tra i solchi del disco un doom metal quanto più puramente anni ‘70 si può pensare, pieno di melodie bluesy e con accenni rock-jazz. Dimenticate i rocciosi e potenti anni ‘80 di Candlemass e Saint Vitus e anche il grasso acido stoner che infetta gli Electric Wizard, qui c’è musica che avrebbe tranquillamente potuto essere composta all’epoca dei primi Sabbath e di “Sea Shanties” degli High Tide. La vena prog-psichedelica che si rivelerà prepotentemente nei lavori successivi qui è solo accennata, ma sufficiente a creare un equilibrio perfetto con il doom rock scarno e secco che è lo scheletro delle composizioni, vedi da subito la title-track. Con “The Snake” i ritmi rallentano ulteriormente e l’atmosfera si fa sinistra, mentre “Please Don’t Forget Me” – che sarebbe la cover di una vecchia canzone dei Pentagram, praticamente irreperibile sul mercato – mette in musica la disperazione di un uomo che non ha più niente per cui vivere. La malinconia, a tratti solo accennata, in altri momenti più evidente, è il filo conduttore che unisce l’intero lavoro, da “What I Am” alla rabbiosa “It’s So Easy”. Meritano ancora di essere menzionate la brevissima “Schyssta Lögner”, che all’epoca finì su alcuni cd promozionali allegati alla carta stampata di settore, “No Angel or Demon”, che profuma di Steppenwolf, e la finale “Her Sisters They Were Weak”, lunga e superba narrazione fantasy che sa tanto di Medio Evo e strizza l’occhio alle soluzioni progressive folk di Pentangle e Jethro Tull in versione maledetta e totalmente Witchcraft. E’ sulle note lontane, malinconiche e sinistre di un carillon, che si chiude quello che per noi sarà la punta di diamante, irripetibile, di una carriera di grande livello.

 

TRACKLIST

  1. The Snake
  2. Please Don't Forget Me
  3. Lady Winter
  4. What I Am
  5. Schyssta Lögner
  6. No Angel Or Demon
  7. I Want You To Know
  8. It's So Easy
  9. You Bury Your Head
  10. Her Sisters They Were Weak
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