6.5
- Band: WITCHERY
- Durata: 00:39:43
- Disponibile dal: 10/11/2017
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Che l’incantesimo prosegua! No, alt… un attimo. Meglio rivedere la formula; almeno nella seconda parte. Perché se con il precedente “In His Infernal Majesty’s Service”, gli svedesi Witchery avevano celebrato al meglio il loro personalissimo ventesimo anno di attività, con il qui presente “I Am Legion” la magia, la seduzione, il sortilegio stesso lanciato lo scorso anno sembra si sia un attimo inceppato. Quello che infatti avrebbe dovuto essere il degno successore della sesta fatica in studio della band scandinava – se non altro per una certa stabilità di line-up – risulta, a conti fatti, come il classico full-length contornato dalla fastidiosa aurea del ‘vorrei ma non posso’. Le idee da mettere in musica sfornate da Jensen e compagni ci sarebbero anche, tuttavia non sempre il mix di black/thrash, risultato vincente in passato, ha trovato il suo libero sfogo lungo gli undici brani di “I Am Legion”, lasciando quindi quell’amaro in bocca tipico di un qualcosa che poteva essere ma non lo è stato. Dopo un’intro abbastanza ‘slayeriana’ (i richiami ad Aray e soci ritorneranno spesso nel corso dei quaranta minuti previsti), uno stacco tastieristico apre le porte a “True North”, un midtempo dall’atmosfera pomposa in cui la voce di Angus Norder (finalmente il vocalist giusto dopo Legion ed Emperor Magus Caligula?) innalza l’inno in formato ‘coro’ dedicato al ‘vero Nord’. Non male come brano d’apertura. Qualcosa invece non torna nella successiva “Welcome Night” dove quel senso di incompiutezza sonora e lirica prende il sopravvento, lasciando l’ascoltatore perplesso sulla vera identità di un pezzo che sembra dover esplodere da un momento all’altro ma che in realtà rimane sospeso su un riff ‘d’attesa’ nemmeno troppo ingegnoso. Ancora accenni di Slayer (quelli più recenti) danno inizio a “Of Blackened Wing” prima che uno slancio simil-punk dia maggior vigore ad una canzone che comunque non riesce a tenere alta la tensione generale. Ritmiche che rimangono sostanzialmente cadenzate e poco variabili pure in “Dry Bones”, forse il pezzo più debole dell’intero full-length. Un tentativo di rialzare il tiro, oltre che il tasso d’adrenalina globale, viene sfornato dagli Witchery pigiando all’impazzata sull’acceleratore. Pur non scoprendo nulla di nuovo, “Amon-Ra” si distingue per la sua doppia natura: più violenta e tirata nella prima parte, più tecnica nel passaggio centrale, salvo riprendere la scarica thrash a chiusura del tutto. Ma è il classico fuoco di paglia: il mix incompiuto di cui si scriveva qualche riga fa, trova ulteriore conferma in “Seraphic Terror” dove la mescolanza dei generi, pur dimostrando le capacità tecniche di tutta la line-up (l’assolo posto a metà brano rimanda ancora una volta l’orecchio alla band di mister Kerry King), non convince appieno. E se “A Faustian Deal” compie un balzo verso un black malignamente moderno, strizzando l’orecchio a quella “K.I.N.G.” di ‘satyriconiana’ memoria, “An Unexpected Guest” non aggiunge ulteriori spunti degni di nota a quanto ascoltato sino a questo punto. Così fino a “The Alchemist” dove finalmente, seppur in dirittura d’arrivo, la forza seminale del thrash/black trova il suo compimento, regalandoci cinque minuti di sfuriate chitarristiche alternate a sferzate dal sapore maggiormente putrido e glaciale. “I Am Legion” non suona male, manca tuttavia di quel piglio necessario perché rimanga sulla stessa linea qualitativa raggiunta con il precedente album. E allora riprendiamo il formulario, rileggiamoci i versi e attendiamo con calma il prossimo sortilegio.