6.5
- Band: WOE
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 29/09/2023
- Etichetta:
- Vendetta Records
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“Legacies of Fragility”, nuovo album dei newyorchesi Woe, rappresenta una sorta di ritorno. Un ritorno alla lunga distanza, a quasi sei anni da “Hope Attrition”; ma soprattutto un ritorno alla dimensione di one-man band, con Chris Rigg che riprende il controllo totale del proprio progetto. Come in ogni comeback che si rispetti, gli Woe puntano al rientro in grande stile.
Il biglietto da visita di “Legacies of Fragility” lo presenta come l’album più aggressivo e complesso mai pubblicato dalla band: un concept sull’avvilente incapacità del genere umano di imparare dai propri errori, sviluppato su una tessitura black metal che si propone di oltrepassare i limiti dell’atmosferico per lambire le sponde del prog.
Pur puntando più in alto dei suoi predecessori, tuttavia, “Legacies of Fragility” non cade così lontano da dove gli Woe erano rimasti e manca di quei dettagli che contrassegnano il salto di qualità: è un album ricco di spunti a cui manca un’identità definita, ora per poca organicità, ora per scelte compositive non sempre convincenti. In particolare, la vena prog fa capolino senza mai integrarsi a pieno nel songwriting, finendo per risultare accessoria; inoltre, la produzione low-fi risulta poco incisiva, scivolando in più punti dal ruvido al grossolano. L’impressione è che l’idea di fondo fosse quella di un album elaborato nelle strutture ma grezzo nel sound, e che l’obiettivo sia stato centrato solo in parte.
Fatte queste premesse, premiamo ‘play‘ e immergiamoci nell’iniziale “Fresh Chaos Greets The Dawn”: è un brano che funziona, pur trascinandosi un po’ verso il finale. Le parti più schiettamente atmosferiche, forse contro i propositi dell’autore, risultano più convincenti delle volatili sfumature progressive, che emergono soprattutto nelle incursioni di un synth vagamente retrowave. Proprio l’uso e i suoni dei synth sono, a nostro avviso, una delle pecche di questo album sulle quali è più difficile soprassedere.
L’ascolto prosegue con “Scavenger Prophets”, che presenta diverse idee valide, sebbene un po’ prevedibili: l’ampio riffing offre qualche parentesi emozionante, soprattutto nella chiusura dal sapore gotico. Per contro, né gli arrangiamenti, né le linee vocali sembrano reggere del tutto le ambizioni del brano. “The Justice Of Gnashing Teeth” parte su un riff accattivante, attorno al quale si costruisce l’intera traccia; la prima metà del brano, al netto di qualche inconcludenza, scorre efficace per poi incartarsi su un’ulteriore parentesi sintetica. “Distant Epitaph” è forse la traccia con i passaggi migliori di tutto l’album: paradossalmente, è dove la tentazione della complessità lascia spazio al piglio punk, che gli Woe sembrano mostrare il loro lato migliore. “Shores Of Extinctions” rallenta appena il ritmo prima del rilancio furioso su “Far Beyond The Fracture Of The Sky”, in cui l’ispirazione second wave sembra incontrare, a tratti, elementi heavy. La voce arriva ad osare una linea melodica più definita, quasi cantata, ma resta un episodio che nasce e muore nel giro di poche battute. Quando finalmente il climax tocca il suo apice, il brano subisce l’ennesima, inessenziale battuta d’arresto prima di accompagnare l’album verso la fine con lamento di chitarra solenne, ma un po’ asettico.
Sembra che dopo tanti anni gli Woe siano ancora alla ricerca del quid in grado di farli brillare davvero e “Legacies Of Fragility”, in questo senso, ha il suono un’occasione sfruttata a metà, o di un tentativo di stupire senza avere particolari trucchi da proporre. Chissà dove muoverà il prossimo passo Chris Rigg, in mezzo ad una scena newyorchese sempre più competitiva e ad un panorama athmospheric black metal sempre più saturo.