8.0
- Band: WOLVHAMMER
- Durata: 00:44:02
- Disponibile dal: 25/10/2011
- Etichetta:
- Profound Lore
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Grazie alla Profound Lore Records, il crust pare stia vivendo una seconda giovinezza. Dopo i Morne e i Coffinworm, la avventurosa etichetta canadese ci sguinzaglia contro i Wolvhammer, altra mostruosità musicale partita dal punk più purulento e inferocito di stampo anarchico-inglese anni Ottanta, e arrivata poi ad una formula più ricca e corposa, impreziosita e rinvigorita da un debordante – ma mai scontato o invasivo – assalto black metal, e da fluidificazioni doom, e psichedeliche che fanno dei nostri una riuscitissima e affascinante ambiguità metallica, persa a metà strada tra la primitiva furia black-crust degli Iskra, gli intrecci black-psichedelichi dei Nachtmystium di “Assassins”, e le striscianti negatività soniche degli Eyehategod . “The Obsidian Plains” non fa nulla per nascondere l’amore dei Wolvhammer per sonorità assolutamente rivoltanti, sporcizia musicale a tutto tondo, e un assalto sonico completamente spastico e incontrollato, come il verbo anarcho-punk d’altronde impone. Allo stesso tempo, però, la band è riuscita in gran stile a rendere cotanto odio e lerciume musicale sontuoso, mentale e magiloquente, grazie a soporiferi e depressissimi rallentamenti black-doom in pieno stile Bruzum periodo “Det Som Engang Var” o reminescenti dei Darkthrone più intossicati di “Ravishing Grimness”. Puro black-punk blasfemo e oltranzista, insomma. Ma il banchetto di sonorità borderline non finisce certo qua. L’approccio del tutto spastico e sconnesso, ma ambizioso e cerebrale allo stesso tempo, che la band ha imposto alle canzoni di questo bastardissimo album hanno spianato la strada a sonorità del tutto agghiaccianti e implosive che ricordano da vicino l’approccio hardcore “mutante” dei Neurosis di “Souls At Zero”, nella loro violenta ma raffinata visceralità. La faccenda per i Wolhammer pare sia semplice che complessa allo stesso tempo, insomma, e dettato da un atteggiamento non comune oggigiorno, ovvero quello di volere – e riuscire a – raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, senza tradire le proprie radici, ma essendo creativi e ambiziosi allo stesso tempo. Tutto ciò non fa che aumentare a dismisura il fascino di un album diretto, feroce, e pervaso dalla negatività più totale, ma anche intenso, misterioso e dotato di una particolarissima raffinatezza post-rock, non ovvia, ma splendidamente suggestiva. Inutle dilungarsi oltremodo nella descrizione di un lavoro realizzato tramite una montagna di splendide idee ben ponderate che si sono tradotte ottimamente su nastro, grazie a degli individui che sono evidentemente più interessati alla sostanza di suoni “carnali” e incombenti che alla forma spesso volatile e dispersiva del post-metal. “The Obisidian Plains” vi intrigherà e affascinerà con tutto il suo carico di nero astrattismo musicale, ma i tanti riff memorabili e strazianti che contiene riporteranno tutto ad un livello di fruibilità ed tangibilità musicale che pochi altri lavori sono riusciti a coniugare con così tanta semplicità e spontaneità nel genere. Non si potrebbe chiedere veramente di più da un album che alla fine dei conti è realizzato per inorridire e gelare il sangue nelle vene.