7.0
- Band: WOMBBATH
- Durata: 00:49:25
- Disponibile dal: 06/03/2020
- Etichetta:
- Soulseller Records
- Distributore: Audioglobe
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L’onnipresente Jonny Pettersson torna con una release dei Wombbath, band dedita al death metal più old-school e senza compromessi. Già con l’opener “Fallen” gli svedesi colpiscono come un pugno allo stomaco, chiarendo subito i loro intenti violenti: nessun compromesso, si preme il tasto play e la ferocia arriva subito diretta come un treno. Le chitarre hanno qualche sprazzo melodico, giusto per onorare la scuola di provenienza del gruppo, e il drumming di Jon Rudin si rivela, ancora una volta, micidiale. I Wombbath sanno anche regalarci momenti più sinistri e cupi (“Crawling From The Pits”), ma solo per brevi assaggi; il loro death metal è di quelli che non concede nulla a passaggi tecnici o funambolismi in fase di arrangiamento. Il sound delle chitarre è quello che ci aspettiamo da una band nata nel 1994 a poco più di cento chilometri da Stoccolma: HM-2 con le quattro manopole tutte a destra, a riprodurre quel suono che fece la gloria dei primi Entombed e At The Gates. Il paragone, però, finisce qua: nonostante la provenienza, c’è anche una forte similitudine con una certa scuola americana (su tutti i compianti Rottervore ma anche Disma e la tradizione New Jersey). Certo, con l’unica esclusione di “Downfall Rising”, l’originalità non è mai stato il piatto forte a casa Wombbath (e pezzi come “We Shall Remain” o “From The Beggars Hand” ne sono la prova), ma questo non costituisce, per forza, un problema o un difetto. I cinque deathster sanno quello che vogliono e lo ottengono egregiamente, sfornando un disco che, giustamente, suona come se fosse stato registrato una ventina d’anni fa. E poco importa se tracce come “Void” o la già citata “We Shall Remain” ci sembrano già sentite, se sappiamo dai primi secondi come si evolveranno e dove andranno a parare; avere uno stile unico e inconfondibile è certamente un pregio, ma non è l’unica componente necessaria a fare buona musica e, se manca, si può comunque ‘portare a casa il risultato’. Su questo “Choirs of the Fallen” ci sono pezzi come “A Vulgar Declaration”, col suo midtempo e le sue accelerate, arricchite da un assolo in pieno stile svedese, che semplicemente ci colpiscono e rappresentano appieno quello che ogni fan dell’old-school è felice di sentire; certo ci sono momenti deboli (in “Wings Of Horror” la band si perde un po’ per strada, con interludi troppo lunghi e che risultano posticci),salvo riprendersi con la titletrack ed il suo main riff che urla “Swedish death metal” a ogni nota. “Choirs of the Fallen” non è un disco che rivoluzionerà la scena e, probabilmente, risulterà noioso e ripetitivo per molti, ma se siete amanti del death metal più sporco e violento, allora questa è un’uscita che merita assolutamente di essere presa in considerazione.