8.0
- Band: WORMROT
- Durata: 00:32:50
- Disponibile dal: 08/07/2022
- Etichetta:
- Earache
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Non si può certo dire che il lancio di “Hiss”, quarto full-length dei Wormrot, sia avvenuto sotto una buona stella, tra un’Earache quasi disinteressata a promuoverlo adeguatamente e l’annuncio della separazione (in toni comunque amichevoli) con il frontman Arif, qui alla sua ultima apparizione nelle fila del gruppo di Singapore. Tutto ciò ovviamente è un peccato, dal momento che l’opera, oltre a segnare il ritorno di una delle realtà grindcore più intraprendenti e preparate degli ultimi quindici anni, ne sancisce un importante progressione dal punto di vista espressivo e stilistico, nell’ottica di un suono fattosi elastico e malleabile come pochi altri all’interno del genere. Una tracklist accesa e variopinta in cui il terzetto asiatico dà spesso l’impressione di essere andato ‘all in’, pescando da un bagaglio di influenze sempre più ampio senza temere di alienare qualcuno o di mettere il piede in fallo, complice una confidenza nei propri mezzi acquisita nel corso di una carriera esemplare e solidissima.
La base di partenza è quindi fornita dal medesimo mix di Napalm Death, Pig Destroyer e Insect Warfare dei capitoli precedenti, fra raptus nevrastenici, parentesi mosh e – su tutto – una corposa dose di thrash metal, ma basta addentrarsi di poco nella tracklist per imbattersi in una gamma di soluzioni che, di volta in volta, ampliano lo spettro emotivo della proposta caratterizzando fortemente i singoli brani, mai così rifiniti da un punto di vista ritmico e vicini alla cosiddetta forma canzone. L’inaspettato (e convincente) intervento di voce pulita di “Broken Maze”, quasi in odore di Type O Negative, funge da monito, da segnale di avvertimento di un album che mette tantissima carne al fuoco, e da lì non si torna più indietro. Trentatré minuti di musica in cui il guitar work di Rasyid, centro nevralgico del progetto, finisce per inglobare digressioni ombrose, pillole noise e melodie euforiche con un’autorevolezza e una fluidità degne dei maestri, secondo un incedere propulsivo che si guarda comunque bene dallo snaturare la propria essenza grind (si pensi alla struggente parentesi melodica di “Voiceless Choir”, prontamente spazzata via da un cambio di tempo distruttivo). Addirittura, la conclusiva “Glass Shards” (quattro minuti di durata, un record per i Nostri!) riesce a riportare alla mente i cieli azzurri e le suggestioni estive dei Deafheaven, a riprova di un approccio fortemente disinibito e desideroso di sperimentare nuove sfumature cromatiche, le quali (vedi le suddette pennellate black e screamo) vengono però sempre calibrate alla perfezione senza che l’ascolto perda in compattezza e spontaneità.
Come scritto in partenza, il futuro dei Wormrot è al momento incerto, dato che non sarà semplice rimpiazzare un cantante come Arif, ma – lato nostro – non ci resta che augurare a Rasyid e al batterista Vijesh il meglio; a fronte del dispiego di ingegno e freschezza di “Hiss”, assaporare certe trame dal vivo è doveroso per qualsiasi amante delle frange più dinamiche e deraglianti del metal estremo.