6.5
- Band: WRAITHFYRE
- Durata: 00:37:00
- Disponibile dal: 26/07/2024
- Etichetta:
- Naturmacht Productions
Spotify:
Apple Music:
Tom O’Dell è quello che nel linguaggio un po’ plasticoso del giornalismo musicale verrebbe definito ‘un artista prolifico’. In neanche sette anni di attività, infatti, il giovane polistrumentista inglese (da non confondersi col suo più celebre e quasi omonimo conterraneo Tom Odell) ha già pubblicato nove album e sei EP sotto svariati moniker, dei quali almeno un paio corrispondono a one-man-band. L’ultima di queste sue creature generate in solitaria è il progetto Wraithfyre, che con “Of Fell Peaks and Haunted Chasms” debutta cimentandosi subito con la dimensione del full-length.
Rispetto alle altre band di cui O’Dell è membro o mastermind, Wraithfyre promette di inserirsi più canonicamente nel filone black metal, pur mantenendo la nuance fantasy a lui tanto cara. Di fatto, siamo davanti ad una versione più oscura, meno folk ma altrettanto epica dei Dwarrowdelf, altro progetto in cui O’Dell è mano e mente unica. Emerge già da questo aspetto uno dei limiti cruciali di Wraithfyre, che non sembra tanto una diversa manifestazione creativa del suo fautore, quanto l’ennesimo cambio di costume. L’impressione è che O’Dell non riesca davvero a reinventarsi, ma si limiti ad applicare elementi cosmetici differenti a quella che grossomodo è sempre la stessa formula.
Per contro, questa identità che tende a ripetersi nei vari progetti sembra purtroppo un po’ carente quanto a capacità di sintesi originale. Nel caso di Wraithfyre, O’Dell coglie elementi della scuola black metal scandinava (Emperor e Dissection), del death metal melodico (soprattutto di area svedese, ma con qualche eco dei Children Of Bodom) e del power/epic (nei riff, nei soli, in parte nell’uso della batteria, talvolta perfino nelle linee vocali) giustapponendoli in un prodotto che risulta originale solo a tratti, scivolando spesso nello scolastico o nel derivativo: si ascolti, ad esempio, “Echoes Of A Forgotten Dream”. Ci sono, come accennato, alcuni passaggi meritori (come la buona “Queen Of The Blighted Throne”), ma nessuno è davvero sorprendente o genuinamente emozionante. Tutto suona un impersonale e un po’ artificioso, a cominciare dai giri di synth, che tanta centralità rivestono nella proposta di Wraithfyre.
L’altro grosso limite di questo album è il poco dinamismo e la mancanza, in un album schiettamente melodico, di almeno qualche riff o qualche ritornello che risultino davvero riconoscibili o memorabili. La natura un po’ ritrita delle idee, le strutture ridondanti e l’impressione che l’album sia stato messo insieme accostando le canzoni, più che cercando di comporre una visione d’insieme, finiscono per rendere l’esperienza di ascolto abbastanza monotona, per quanto fluida. Il fatto che O’Dell sia un musicista di un certo talento nelle esecuzioni e dotato di un’apprezzabile growl rende la situazione ancora più frustrante. Perfino i testi risultano banali e ripetitivi (in “Fallen Before Their Blazing Altar” si arriva quasi al parossismo).
Il motivo per cui il voto finale è sufficiente è che siamo comunque davanti ad un prodotto più che dignitoso, che si lascia ascoltare senza particolari storture di naso – anche se con qualche alzata di sopracciglio – e che pur non essendo nulla di travolgente, potrebbe risultare quantomeno gradevole per un pubblico orientato verso la giusta commistione di ferocia, melodia e potenza. Un disco di mestiere, senza particolari motivi di lode, ma tutto sommato senza nemmeno grosse infamie.