8.0
- Band: WRONG WAY TO DIE
- Durata: 00:27:08
- Disponibile dal: 22/02/2019
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Dopo la buona prova con “Ingrates” nel 2014, il combo padovano sembrava essersi dato alla macchia per quanto riguarda la produzione d’inediti, limitandosi a tenere qualche show in giro per lo Stivale, facendoci temere per le sorti di una giovane band che ha dimostrato di avere talento e passione, ma che forse, per gli innumerevoli casi della vita, aveva deciso di appendere gli strumenti al chiodo. Ed invece, cinque anni dopo, eccoli riapparire nuovamente con un album spettacolare, rigorosamente autoprodotto, andando a toccare il punto più alto della loro carriera, dimostrando quanto il sipario sia lungi dall’essere calato, e quante frecce i giovani veneti abbiano ancora al loro arco.
Ma procediamo con ordine: “Wild And Lost” consiste in una vera e propria dichiarazione d’intenti, un’opera che racchiude il senso di tutto nel titolo; una generazione selvaggia e perduta che non sa esattamente cosa ne sarà di sé, ma che comunque non rinuncia ai propri sogni e alle proprie speranze, decidendo di buttarsi in tutto e per tutto nell’esprimere se stessa, costi quel che costi. Ed ognuna di queste otto tracce ha qualcosa di speciale da dire, un piccolo manifesto della band veneta che ha davvero buttato ogni goccia del proprio essere in questo lavoro, costruendo architetture estremamente complesse e strutturate ma di un’immediatezza da pop band, con questi ritornelli che vanno ad incollarsi col Bostik al cervello, senza lasciare via di scampo.
La qualità più lampante di questo “Wild And Lost” consiste nell’avvolgere l’ascoltatore in uno stretto abbraccio già dalle prime note, avendo i Nostri ampliato ed espanso le atmosfere post rock del proprio sound, che vanno a tradursi in divagazioni oniriche di ampio respiro, con un lavoro delle chitarre sempre sotto i riflettori, leggiadro e suadente, ma anche caustico e tagliente all’occorrenza, strizzando l’occhio qui al djent e lì al metalcore. Tra le bordate di post-hardcore emozionale di “Aimless”, le accelerazioni e l’elevatissimo tasso di groove di “Reformed”, le evocative atmosfere di “Eternal” – il quale vince a mani basse la palma di ‘miglior traccia del lotto’ – non riusciamo proprio ad averne abbastanza, ed è irrefrenabile la voglia di schiacciare nuovamente il tasto play una volta finito.
Ogni episodio di questo lavoro trasuda dedizione ed impegno da parte della compagine padovana, cinque anni di fatica ben ripagata da un risultato assolutamente di prima qualità, che li mette di diritto sui gradini più alti del podio delle giovani coreband italiane di quest’anno. In chiusura, speriamo vivamente di non dover attendere altri cinque anni per poter mettere le mani su di un nuovo capitolo dei WWTD, perchè sarebbe un vero peccato.