
6.0
- Band: WYTHERSAKE
- Durata: 00:54:33
- Disponibile dal: 26/03/2021
- Etichetta:
- Scarlet Records
- Distributore: Audioglobe
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Debutto discografico per il quartetto statunitense degli Wythersake, band di extreme metal sinfonico. Formati nel 2016, sinora i Wythersake avevano pubblicato curiosamente soltanto dei singoli (ben cinque, tra il 2018 ed il 2020), sino ad arrivare quest’anno al debutto su lunga distanza. I testi dell’album sono incentrati su un argomento complicato, lo gnosticismo, con la copertina che rimanda ad una scena apocalittica e di dannazione, mentre un sicuro punto di forza di questa release è data dalla produzione davvero professionale con ottimi suoni, anche se sulla batteria si potevano adottare delle scelte migliori. Veniamo alla parte musicale, che presenta luci ed ombre: non si mette in discussione la tecnica della band e la qualità, senza dubbio discreta, di alcuni brani, ma nel caso dei Wythersake è piuttosto palese che la band si nutra di una cultura musicale black metal importata e assimilata in modo quasi avido, al punto da far cadere a volte la band nell’emulazione. Già, perché dopo una prima intro arriviamo alla titletrack dell’album strutturata ad arte nel medesimo modo in cui i Dimmu Borgir, del periodo ancora ispirato, orchestravano i loro brani. In questo caso “Antiquity” ripercorre, solo con altre note, la struttura dell’ottima canzone della band norvegese “Kings Of The Carnival Creation” tratta dall’album “Puritanical Euphoric Misanthropia”. C’è ovviamente anche una parte di cantato pulito che si avvicina maggiormente però, nel caso degli statunitensi, a tonalità gothic/dark. Non è nemmeno un caso che l’italiana Scarlet Records, in sede promozionale utilizzi la frase “majestic spiritual black dimension” per descrivere la musica dei Nostri, perché l’atmosfera dell’album di debutto di questo quartetto proveniente da Washington D.C. ricorda in molti momenti proprio l’album, sempre dei Dimmu Borgir, “Spiritual Black Dimensions”. Va bene ispirarsi ad un genere musicale e seguire le orme di una band con la cui musica si è cresciuti, ma bisogna fare sempre attenzione che queste influenze non diventino così predominanti da impedire la formazione di una identità stilistica definita alla band stessa. Per fortuna i Wythersake, bisogna dirlo, riescono a creare comunque musica di un livello discreto per gli amanti di questo determinato genere musicale. La band statunitense talvolta, anche nel cantato, fa prevalere le influenze death metal a quelle puramente black, senza mai rinunciare ad una massiccia dose di synth; in alcuni frangenti, come su “Iniquity” i Wythersake riescono anche a sorprenderci creando un black metal sinfonico dai sapori quasi dimenticati, un po’ più sognanti. La canzone successiva, “Through Ritual We Manifest”, è spiazzante in quanto è assai più pesante ed apocalittica rispetto alla song precedente, qui infatti si può persino ritrovare un’influenza greca in stile Septicflesh. La band non disdegna quasi mai di inserire nei brani un buon assolo di chitarra e spesso la scelta non è affatto da disdegnare; l’album è in definitiva piuttosto violento, senza dubbio appartiene al genere symphonic black metal nella sua forma musicale più attuale, ovvero scevro della poesia e melodia dei primi periodi, ed improntato piuttosto interamente sull’energia, grazie ad un riffing death-oriented ed un uso pomposo dei synth (basti pensare alla carriera proprio dei Dimmu Borgir per comprenderne la differenza). L’album scorre via in maniera fluida e si può ascoltarlo anche più volte, perché i brani sono piacevoli e dopo un po’ si riescono pure a scovare dei particolari interessanti: resta però l’amara impressione che ci si trovi comunque davanti ad un prodotto usa-e-getta che tra qualche mese rischia seriamente di finire nel dimenticatoio della vostra collezione.