6.0
- Band: YEAR OF NO LIGHT
- Durata: 00:48:00
- Disponibile dal: 26/04/2010
- Etichetta:
- Conspiracy Records
- Distributore: Goodfellas
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Torna il combo avant-doom francese con questo “Ausserwelt”, che, vista la reputazione costruita dalla band grazie al notevole esordio, dovrebbe stupirci, ma che invece scorre via senza lasciare le ferite che il nome in teoria stava promettendo. Pescando in egual misura dal noise scellerato degli Gnaw, dal doom gelido e monolitico degli YOB e dal prog annerito dei Wolves In The Throne Room, gli YONL, questa volta, tentano di sganciarsi definitivamente da quel post-core ancora grezzo e derivativo dal quale erano sorti per tentare la via più perigliosa della sperimentazione e di una quasi autoimposta maturazione sonora, tentando di ricrearsi una nicchia musicale propria, riconoscibile e chiaramente rintracciabile. Sarebbe stato più sensato ralizzare un album di transizione per poter prima tastare il nuovo terreno, ma sembra invece che i nostri abbiano effettuato la mossa del cambiamento repentino senza fare prima i giusti calcoli. Il risultato quindi è incerto poiché, avendo lasciato una riva sicura, gli YONL si sono avventurati in mare aperto senza mai raggiungere l’altra sponda, rimanendo così in un certo senso dispersi a metà strada. Abbandonata così la gravità del pianeta post-hardcore, i nostri hanno vagato per un po’ nello spazio aperto solo per essere stati riagganciati dalla orbita di una altra entità, ancora più ingombrante, quella del post-rock, chiudendo il cerchio in pratica con un nulla di fatto nonostante le novità proposte. E in effetti le quattro tracce che compongono questo “Ausserwelt” sembrano una versione annerita e malefica dei Godspeed You! Black Emperor periodo “…Skinny Fists…” poiché ne ripropongono il continuo sfilacciamento sonico fatto di sciami di ondeggianti chitarre tintinnanti, e di un continuo costruire e distruggere di montagne di rumore imponenti e vallate soniche vaste e sconfinate. Il tutto viene amalgamato in un polpettone doom-black gelido e immobile, ed ecco che il pasto è servito: un malloppo duro da mandare giù. Un blocco statico, spigoloso e irremovibile che si pianta dritto in gola senza spostarsi di un centimetro. Il parallelismo con le stelle del post-rock canadese risulta ancor più marcato dal continuo tappeto di synth e tastiere steso lungo il cammino del disco e dall’abbandono pressoché definitivo delle voci o di qualunque parte cantata, cosa che rende questo disco di fatto un album strumentale, quindi ancora più propenso ad un certo irrigidimento e ancor più soggetto a quella generale sensazione del muoversi in un circolo senza uscita. La sensazione del già vissuto o del déjà-vu perenne è purtroppo presente in tutto l’album e a volte veramente si ha la sensazione di riascoltare un passaggio che si giurerebbe di aver sentito poco prima. Segno non buono questo, e che fa riflettere sul reale livello di “sperimentazione” e di profondità sonica raggiunto dalla band con questo nuovo capitolo. La realtà purtroppo è che gli YONL hanno deciso di lavorare una materia metal molto ostica, senza però disporre ancora degli strumenti adeguati per poterla scalfire. L’intenzione è buona, i risultati alquanto altalenanti.