7.0
- Band: YEAR OF NO LIGHT
- Durata: 00:55:30
- Disponibile dal: 02/07/2021
- Etichetta:
- Pelagic Records
- Distributore: Audioglobe
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Sin dall’inizio della loro carriera, gli Year Of No Light hanno avuto un’ossessione per la caduta dell’uomo e la salvezza attraverso l’oscurità e non sorprende che sia ancora il post-metal atmosferico e cinematografico il mezzo prediletto di espressione per tematiche come queste. Il termine consolamentum descrive il sacramento, il rituale di iniziazione della Chiesa Catarica, che fiorì nell’Europa meridionale nel XII – XIV secolo: un rituale che portava l’austerità eterna e l’immersione nello Spirito Santo.
“C’è un filo che attraversa tutti i nostri album”, afferma la band, collettivamente; “un’esplorazione del mondo sensibile che obbedisce a un certo telos (fine, ndR), prima fantasticato (‘Nord’) e riverberato (‘Ausserwelt’), poi declamato come un avvertimento (‘Tocsin’). Più a fondo scaviamo, più ci appaiono i motivi che dobbiamo svelare. Sì, è un po’ gnostico. Questo album è la continuazione di ‘Tocsin’, è l’epifania dell’autunno”. Ed è in effetti facile cogliere la progressione quasi naturale della band francese, giunta qui ad una maturazione che è più salvaguardia del proprio status che immersione in sperimentazioni o virate di rotta. “Consolamentum” suona organico, massiccio, omogeneo, concepito come è per rappresentare un rituale di circa un’ora che necessita di tempo per nascere dalle ceneri oscure in cui è concepito. Ceneri durate ben otto anni, che hanno permesso a Mathieu Mégemont (batteria, tastiere, sintetizzatori) di scavare ancora più in profondità in quel magma sonoro da cui prendono le mosse i suoi Year Of No Light. La dinamica è qui sviluppata in maniera molto più conscia, seppur le compressioni moderne talvolta annichiliscano i momenti più miti e il loro tocco, ma il risultato finale è godereccio in questo senso, avvicinandosi molto alle derive Amenra. “Volevamo che questo album suonasse il più organico e analogico possibile”, commenta infatti la band. “Tutte le tracce sono state registrate dal vivo. L’obiettivo era quello di avere le riprese più naturali, calde e pulite possibili, per dare volume alla dinamica delle canzoni”.
“Interdit aux Vivants, aux Morts et aux Chiens” è una perla centrale per questo nuovo lavoro della band. Gli arrangiamenti vanno ad essere simili a quelli di un’orchestra doom metal da colonna sonora. Un senso di terrore deriva dall’intensità di questi otto minuti, basati su un racconto di un cittadino di una città occupata che fissa un futuro desolante mentre un esercito esterno attraversa la loro terra, sottomettendo il popolo al nuovo regime. Momenti come questo sanciscono ancora di più come i Russian Circles non siano gli unici operatori del post-metal strumentale, monolitico e catartic,o ma abbiano dei degni rivali (che ancora fanno bei dischi, aggiungiamo). La seconda parte di “Aletheia” è infatti un tripudio di quello che il pilastro dello sludge apocalittico può arrivare a consolidare in termini di crescendo. Con “Rèalgar” siamo invece di fronte al pieno quadro della musica degli Year Of No Light più efficace: pura oscurità ruvida post-metal, evocativa, traghettatrice.
Nulla di nuovo, eh, certamente, e le formule sono quelle ampiamente consolidate da numerosi altri gruppi che affollano il medesimo panorama. Qui, però, le cose sono fatte bene, hanno le basi giuste e i suoni convincenti. “Consolamentum” degli Year Of No Light appassionerà i post-rocker più bisognosi di distorsioni doom, di dilatazioni oscure e di crescendo catartici. Anche nell’estate 2021, ora, sanno dove trovarli.