7.5
- Band: YEAR OF THE KNIFE
- Durata: 00:32:59
- Disponibile dal: 07/08/2020
- Etichetta:
- Pure Noise Records
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A circa un anno e mezzo dall’uscita di “Ultimate Aggression”, compilation comprendente i loro primi EP, gli Year Of The Knife tornano con il loro vero e proprio album di debutto, “Internal Incarceration”. Con questa nuova fatica, i ragazzi statunitensi portano avanti la loro ricerca di un sound metal-core contemporaneo, raccogliendo lungo la strada elementi compositivi e atmosfere sempre più caustici e brutali. Il gruppo procede dunque in una direzione lontana da tentazioni mainstream, sposando anzi un suono nettamente più crudo rispetto al passato. La produzione di Kurt Ballou (Converge, Nails, Trap Them) sposta infatti il baricentro della proposta, aggiungendo un’urgenza e un distinto tocco live all’espressione artistica della band, che con questi nuovi brani va a collocarsi in una posizione piuttosto singolare sullo sfondo del presente circuito metal-core. Se i primi lavori del quintetto si portavano dietro un appeal ignorante ma al contempo moderno, lasciando grande spazio a breakdown e trame mosh di facile presa, sotto la supervisione di Ballou la musica degli Year Of The Knife si è fatta più movimentata ed essenziale: oggi il timone è stato affidato a ritmiche maggiormente concitate e a riff più slabbrati avvolti dalla tipica distorsione del pedale Boss HM-2, mentre le strutture guardano alla semplicità, evitando troppe ripetizioni. I riferimenti all’indole di band come i succitati Nails e Trap Them, seppur non immediatamente palesi, emergono senz’altro da alcuni degli episodi più concisi della tracklist, mentre pezzi come “Manipulation Artist”, “Final Tears” e “DDM” sposano vecchie e nuove caratteristiche del gruppo, generando un mix tanto ruvido quanto percussivo potenzialmente in grado di essere apprezzato da vari tipi di pubblico.
Con questo interessante melting-pot di influenze, i ragazzi del Delaware si riaffacciano sulla scena internazionale consolidando quindi la loro reputazione di band affamata e mettendo in mostra un più ampio spettro di potenzialità. Chiara è la padronanza di un sound che, per quanto alla lunga un po’ ripetitivo, i cinque stanno cercando di rendere proprio e più che mai pulsante delle loro dinamiche personalità. Se la rotta non verrà diametralmente invertita con il prossimo album, la band riuscirà quasi certamente a ritagliarsi un proprio spazio in questo panorama.