
7.5
- Band: YOB
- Durata: 00:55:09
- Disponibile dal: 22/08/2011
- Etichetta:
- Profound Lore
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“Atma” è album contro il quale ogni opposizione è completamente inutile e impossibile. Come un bulldozer dall’oltretomba, questo disco accende i motori sputando fiamme e fumo nerissimo dagli scarichi, inforca la gigantesca pala nel terreno, e poi avanza inesorabile, lento ma inarrestabile, portandosi via tutto. Lontani dall’essere una band doom metal canonica e prevedibile, gli Yob sono al contrario sempre in missione e alla ricerca del riff perfetto, e stanno ad ogni nuova uscita mostrando un’evoluzione non immediatamente ovvia ma innegabilmente presente. Mike Scheidt e company sono ormai sempre meno una band stoner metal e pseudo-hippy, e sempre più un’entità doom metal oscura, contorta e incredibilmente montagnosa e vorticosa, che riesce a toccare sia picchi di elevatissima caratura post-rock che abissi profondissimi di totale e strisciante oblio doom. L’album parte come una cannonata, con “Prepare The ground” che non è una semplice canzone ma una vera e propria palla di cannone sonora. Sbuca fuori all’improvviso da una nube di fiamme e fumo e sbriciola ogni cosa al suo passaggio con una propulsione e un groove assolutamente irresistibile. La prima cosa che colpisce di “Atma” à la qualità della registarzione, veramente superiore, meno stonata e sfumosa che in passato e più compatta, magmatica e distruttiva. Questo tratto, come si diceva poc’anzi, ha cambiato faccia agli Yob, liberandoli dalla nicchia stoner hippy sonnolenta e perennemente anestetizzata e narcotizzata in cui si sono sempre ritrovati e trasformandoli in una bestia sveglia e cosciente della propria violenza, sempre scalpitante e ringhiante, e sempre pronta a versare sangue e budella senza pietà. La successiva title track è un altro monolite spaccaossa in cui Scheidt abbandona le voci nasali “Ozzyggianti” sentite in apertura e si lancia in un tunnel di ulra strazianti, quasi black metal. Con la successiva “Before We Dreamed of Two” il groove rellenta ulteriormente e i riff, anche se sembra impossibile, si appesantiscono ulteriormente. Cominicia da qui una dilatazione sonora lavica e bitumosa che si espande a macchia d’olio e che troverà sublimazione in chiusura. In questo frangente gli Yob addirittura toccano la lentezza mortifera dei Moss e dei Corrupted, ma senza perdere un briciolo della loro epica maestosità e preziosità. Sembrano letteralmente i Neurosis in overdose da sonniferi. E ancor di più quando, approcciata la metà del brano (quindi intorno ai dieci minuti!), subentra la voce di Scott Kelly dei Neurosis appunto, che con il suo ormai famosissimo ruggito aggiunge ulteriore strazio ad un oblio doom che a questo punto comincia a farsi greve e cacofonico al limite del sopportabile. La penultima “Upon The Sight Of The Other Shore” dirada un po’ le nubi e in sette minuti inanella, uno dopo l’altro, una serie di riff stoner-dooom fumosi e melmosi da fare schifo, che farebbero morire di gelosia pure uno come Matt Pike e i suoi Sleep. La sorpresa però gli Yob la sfornano alla fine, e con imprevedibile efficacia, in “Adrift In The Ocean”, pezzo che spiazza fin dalle prime note per l’apparente non-linearità con il resto del lavoro. Il pezzo in questione si apre con uno strano giro di chitarra pulita e orientaleggiante, non lontano da certi momenti più intrippanti dei Red Sparowes. Piano piano si percepisce che ci troviamo di fronte ad un mastodonte post-rock con il quale la band ha deciso di chiudere in bellezza, e ha fatto benissimo, mostrando che qui i suoi membri non sono solo doomster grezzi e arcigni, ma rocker raffinati e poliedrici. Poco dopo l’intro la canzone spicca letteralmente il volo e diventa un vortice di basse frequenze e riffoni seventies infuocati, assolutamente inarrestabile. Le ritmiche si fanno più sostenute, i groove più imprevedibili, fluidi e perforanti, e le percussioni diventano addirittura tribali. Pezzo veramente fenomenale che va a chiudere un lavoro solidissimo, che ci ha riconsegnato una delle più valide doom metal band in circolazione in assoluto stato di grazia.